G20, allarme su crescita. Padoan, in Italia dal 2015

ROMA. – Aumentano i rischi per l’economia globale con una situazione che è peggiorata negli ultimi mesi. L’allarme è contenuto nella bozza del documento finale del G20 di Cairns in Australia e se la crescita stenta nei diversi paesi, per l’ Italia dovrebbe tornare nel prossimo anno. Il paese “sta facendo grandi progressi nell’agenda di riforme strutturali”, dice il ministro del Tesoro Pier Carlo Paodan. Tecnicamente, “siamo ancora in recessione, “a causa della crescita negativa, ma questa sta finendo e ci aspettiamo una crescita positiva a partire dal prossimo anno”. “L’Europa cresce meno di altre aree del mondo, Italia meno di Europa. Riforme ci servono adesso”, commenta sul suo profilo twitter Padoan, sottolineando che “come all’Ecofin di Milano, anche al G20 ampio consenso sul rilancio degli investimenti per sostenere la crescita”. Un G20 quindi che, in comune con Roma, vede la necessità di spingere ulteriormente sul pedale della ripresa, anche perché i rischi dell’economia globale, come dice la bozza del documento finale, “negli ultimi mesi” sono aumentati. “Siamo determinati a rendere il mondo migliore, a sviluppare la crescita, creare più occupazione e meglio retribuita, costruire le infrastrutture per permettere ai bambini di avere un’acqua di migliore qualità, un’educazione e strutture sanitarie”, annuncia con enfasi il padrone di casa, il ministro australiano, Joe Hockey. Ma le ricette per raggiungere tutto questo, che in freddi numeri equivale ad un +2% del Pil da qui al 2019 per i Paesi dell’area (ovvero +2.000 miliardi di dollari), mostrano quanto le divisioni nel gruppo siano ancora radicate. Anche perché, dice ancora la bozza, lo scenario ‘debole’ è gravato da ritmi di crescita irregolari nei vari Paesi. Per il ministro Padoan, intervistato da Bloomberg a margine dei lavori, “c’e’ stata una discussione molto fruttuosa sulla crescita, sul perché è debole e cosa bisogna fare” per sostenerla. E “gli investimenti in infrastrutture sono visti come uno degli elementi chiave”, anche tramite il ricorso “ai capitali privati”. Investimenti come punto chiave quindi, sulla linea di quanto detto ultimamente anche dal presidente della Bce, Mario Draghi. Ma fra Usa e Germania le posizioni restano distanti. Gli Stati Uniti, per bocca del segretario al Tesoro, Jack Lew, sono tornati a chiedere al Giappone, e soprattutto all’Europa di far di più per stimolare la crescita, a partire dalla Germania che potrebbe utilizzare per questo scopo il suo enorme surplus commerciale. Fredda, come da copione, l’accoglienza tedesca. Per il ministro delle Finanze, Wolfgang Schaeuble le politiche espansive, da parte degli Stati o delle banche centrali, rischiano di creare una nuova bolla speculativa, sia sul fronte azionario che immobiliare. Più importanti le riforme, in particolar modo quelle strutturali, che fanno da base solida alla crescita. In agenda, dopo molto tempo, si è affacciato anche il tema dei tassi di cambio: “la Bce – ha spiegato Padoan – ha ribadito che nel suo mandato non c’è un target sui tassi. Naturalmente, se c’è una differenza fra le politiche monetarie, questo si riflette sui tassi di cambio”. Secondo Bloomberg, infatti, nel comunicato finale di domani ci potrebbe essere una richiesta di un maggior “coordinamento” delle politiche sui cambi, nel timore che le divergenti politiche monetarie fra Bce, Fed e Banca del Giappone possano far aumentare l’instabilità dei tassi e quindi dei mercati finanziari. Non a caso, con la Fed pronta alla stretta e la Bce che aumenta la liquidità, il dollaro ha toccato i massimi da 6 anni sullo yen e da 14 mesi sull’euro.

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