Arriva manovra per crescere. Braccio di ferro con l’Unione Europea

ROMA. – La manovra da 30 miliardi approda sul tavolo del Consiglio dei Ministri. Tra risparmi e tagli di tasse avrà un impatto su cittadini e imprese. L’obiettivo sarà la crescita. ”Lo capisce tutto il mondo tranne qualcuno in Europa: la crescita è una priorità”, si lascia sfuggire il premier Matteo Renzi. Già perché uno degli snodi, anche per la manovra italiana, rimane quello di Bruxelles. Il braccio di ferro tra le esigenze del governo italiano e quelle dei mastini dei conti europei traspare evidente dai contatti e dal lavorio diplomatico in corso. E anche dalle parole di Renzi, che disserta di crescita, G20, Europa, ma perché parlando a suocera la nuora intenda. Il premier chiama anche il futuro presidente della commissione Ue, Jean Claude Juncker. Qualcuno già parla anche di possibili bocciature, tanto che il portavoce el commissario Jyrki Katainen, il falco di Bruxelles, precisa con un tweet in italiano. “Mentre alcuni media vedono ‘avvertimenti’ in ogni parola pronunciata a Bruxelles, noi aspettiamo il piano di bilancio prima di sbilanciarci”. In Lussemburgo, intanto, il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha affrontato una due giorni di colloqui e riunioni, nei quali ha spiegato le ragioni italiane. La manovra – ha detto – punta allo sviluppo ma conterrà comunque un piccolo segnale di miglioramento dei conti, una riduzione dello 0,1% del deficit strutturale, che ha un significato preciso. L’Italia conta di realizzare comunque il target del pareggio di bilancio, ma c’è la recessione. ”C’è solo un ritardo – spiega Padoan – dovuto al fatto che ad aprile, quando abbiamo preso gli impegni, la previsione di crescita era l’1,1% più alta di oggi per il 2015, il contesto si è altamente deteriorato”. L’Italia, poi, è concentrata in un impegnativo piano di riforme, dal lavoro alla P.A, fino alla giustizia civile. Su questo un assist insperato arriva anche da Moody’s. L’agenzia di rating prevede per quest’anno l’Italia in recessione dello 0,3%, ma parla anche di un ”bilancio solido” che ”aiuta l’Italia” anche ad avere ”più tempo per attuare riforme a favore della crescita”. Il governo, comunque, ottiene un importante ok dal parlamento sulla deroga al pareggio. Già perché mentre a Palazzo Chigi si inizia a stendere il testo della manovra – con un nuovo ”metodo Renzi” che ha centellinato l’accesso di ministri e tecnici alle bozze – in Parlamento si vota il Def a maggioranza qualificata, per autorizzare lo sforamento al pareggio di bilancio, una norma che oramai l’Italia ha inserito all’articolo 81 della Costituzione. Senza questa deroga la manovra sul deficit sarebbe stata almeno di 0,9 punti (14 mld). L’Europa, però, ci chiedeva un intervento minore per correggere il deficit strutturale e – secondo il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ci sarebbero 2,5 miliardi di ”cuscinetto” che il governo si riserva di utilizzare in caso di richieste da parte dell’Ue. Il lavoro di messa a punta della manovra, che è durato fino a notte tarda, è però a buon punto. La legge di stabilità sarà di 30 miliardi: conferma il bonus di 80 euro che vale 10 miliardi e aggiunge 6,5 miliardi per sterilizzare completamente l’Irap sul costo del lavoro. Ci sono poi zero contributi per le assunzioni, risorse per nuovi ammortizzatori sociali (1,5 mld) e detrazioni per le famiglie (500 milioni) e il rinnovo del bonus per ristrutturare case e acquistare i mobili. Spuntano anche risorse per crediti d’imposta all’innovazione (500 mln), per assumere precari nella scuola (1 mld) e bloccare la clausola di salvaguardia (3 mld) che avrebbe tagliato le agevolazioni fiscali. E’ questa la parte ”espansiva” della manovra. Che piace a Confindustria, tanto che il presidente Giorgio Squinzi parlando di Irap e contributi sui neo-assunti saluta le scelte in arrivo: ”onestamente ho sentito che si realizzava quasi un nostro sogno”. Rimane critica invece la Cgil, che chiama alla piazza per il 25 ottobre. ”Non è una manovra per uscire dalla recessione”, dice la leader Susanna Camusso, che forse guarda all’altra faccia della medaglia. Quale? le coperture. Per finanziare bonus e tagli fiscali ci sono i tagli alla spesa per complessivi 16 miliardi. Non scappano ministeri, enti locali e le 8.000 società partecipate da enti territoriali. “Nessun taglio alla Sanità”, dice il sottosegretario alla presidenza, Graziano Delrio. Ma magari la riduzione arriva attraverso la leva dei tagli della spesa regionale per beni e servizi. Ma risorse arriveranno anche dalla flessibilità del deficit che sale al 2,9% (11,5 mld) e dalla lotta all’evasione (come il reverse charge Iva esteso a nuovi settori) e una maggiore tassazione delle slot machine (in totale 3 miliardi). Al piatto si aggiunge poi la norma per il Tfr in busta paga e un riordino delle tasse sulla casa. Ma forse non subito. L’iter parlamentare impegnerà tutti per oltre 2 mesi. E, anche se Renzi vorrebbe subito le norme, il tempo non manca. Queste misure potrebbero arrivare in corsa. (Corrado Chiominto/Ansa)