L’ira di Renzi, c’è chi usa il tema del lavoro per dividere l’Italia

BRESCIA. – E’ stato “calcolato, studiato, progettato in queste settimane un disegno per dividere il mondo del lavoro” andando “allo scontro verbale e non solo”. Si sfrutta il dolore di disoccupati e cassaintegrati per attaccare il governo. Matteo Renzi lancia l’allarme. Lo fa in un ambiente che ormai gli è congeniale: le fabbriche del profondo tessuto industriale del Nord, dove si stanno svolgendo le assemblee territoriali di Confindustria. Il governo non permetterà, assicura, di dividere in due l’Italia, da un lato i “padroni”, dall’altro i “lavoratori”. Il sindacato, afferma il premier, è libero di fare il suo lavoro (“In bocca al lupo”, replica a Maurizio Landini), “ma noi andiamo avanti per far ripartire l’Italia e su questo non molliamo di un millimetro”. A Brescia il premier viene seguito dai presidi della Fiom, che non intende affievolire la protesta. E ora anche dei centri sociali: da un loro corteo improvvisato nascono incidenti che non cambiano programma e obiettivi del premier. “Si è aperta un’opportunità pazzesca, non coglierla sarebbe un errore gravissimo – afferma – se facciamo ciò che siamo in grado l’Italia dei prossimi anni sarà locomotiva in Europa, ma bisogna aver coraggio di dire che è finito il tempo dei ‘si farà’: ora o mai più. Ecco il senso dell’urgenza che muove me e il governo”. Ma “il clima fuori è cambiato: tre mesi fa eravamo una banda di ragazzini, ora che stiamo facendo le riforme – replica alle accuse di Susanna Camusso – siamo diventati la quintessenza dei poteri forti, la longa manus di chissà quali disegni, gli uomini soli al comando. Ma non c’è un uomo solo al comando, c’è un popolo che chiede di cambiare”, spiega Renzi. E aggiunge: “Vogliono cambiare il presidente del Consiglio? Ci provino, non mi posso preoccupare di questo”. Il presidente del Consiglio lo dice in un’intervista al Tg5 e lo ribadisce di fronte agli industriali bresciani: “Se vogliono contestare il governo lo facciano”, senza però fare del mondo del lavoro “un campo di gioco di uno scontro politico: si affrontino le questioni del Jobs act, se si vuole attaccare il governo ci sono altre strade senza sfruttare il dolore dei disoccupati e dei cassaintegrati”. Poi l’affondo: “Dobbiamo evitare un rischio pazzesco”, il “disegno per dividere il mondo del lavoro”, ma “non esiste una doppia Italia, dei lavoratori e dei padroni: c’è un’Italia indivisibile che non consentirà a nessuno di scendere nello scontro verbale e non solo”. Dentro la grande fabbrica gli applausi si fanno più convinti, con il presidente di Confindustria che non fa mancare il suo appoggio. “Lei si è assunto il fardello di far uscire l’Italia dalle secche di regole e culture sorpassate che condurrebbero a un inarrestabile declino” e di questo “non possiamo che esserle grati: se ne sentiva la necessità. Non bisogna temere qualche dispiacere e non poco dissenso: sono resistenze per inerzie e privilegi del passato”, dice Giorgio Squinzi. Molto dura, invece, la reazione della Cgil: “C’è nervosismo nelle parole del presidente del Consiglio che ancora una volta evoca fantasmi e complotti, lancia invettive ma evita accuratamente di dire come si crea lavoro e come si rilancia il Paese”. Non è il sindacato, ma il governo ad aver imboccato una “strada che divide il Paese”, afferma la Cgil. A Brescia, intanto, il premier dopo i prodotti elettrici della Palazzoli, visita l’impianto rinnovato della Italcementi da 150 milioni di investimenti, per concludere tra i telai automobilistici della Omr, l’azienda del presidente degli industriali bresciani. Qui nasce un piccolo incidente con la Fiom locale, che contava di essere stata convocata per un incontro con il premier, poi saltato. “Ci ha fatto aspettare oltre mezz’ora e non siamo stati ricevuti: è una vergogna”, afferma il segretario della Fiom Brescia, Francesco Bertoli. Ma Renzi tiene la bocca cucita anche con i giornalisti, a parte una frase sul Jobs act: “Se serve metteremo la fiducia, se non serve non la metteremo”. (dall’inviato Alfonso Neri/ANSA)

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