Senato tallone d’Achille per il governo. Maggioranza politica a quota 161

ROMA. – Camera che vai, maggioranza che trovi. Ed è al Senato che il sudoku per il presidente del Consiglio Matteo Renzi si fa più complesso. Qui ogni voto vale oro. Se dunque il patto del Nazareno reggerà – perlomeno nel capitolo che regola la riforma della legge elettorale – lo si vedrà alla prova dei gruppi. Il ‘magic-number’ da cui si parte è 161: la maggioranza politica. Se, infatti, le variabili ‘premio di lista-premio di coalizione’ e ‘soglia di sbarramento’ dovessero mandare in tilt Forza Italia, la voglia della maggioranza di “andare avanti con le proprie forze”, per dirla con Gaetano Quagliariello di Ncd, dovrebbe misurarsi con questa linea del Piave – e si tenga presente che i voti ottenuti al Senato da Renzi il giorno della fiducia programmatica sono stati 169. Calcolatrice alla mano, il governo dovrebbe poter contare sui voti del Pd (108, visto che il presidente, ora il Pd Grasso, per prassi non vota), di Ncd (31), Scelta Civica (7), Per l’Italia (7) e Per le Autonomie (13), compresi il senatore a vita Carlo Rubbia e Claudio Zin, che in controtendenza rispetto al suo movimento – il Maie- dovrebbe votare sì alla riforma elettorale). In totale 166. A questi ovviamente vanno aggiunti i 60 senatori di Forza Italia nel caso in cui il patto regga in toto. Fin qui, l’aritmetica. Oltre, la politica. L’ex ministro della Difesa Mario Mauro si appresta infatti a lasciare il gruppo Per l’Italia alla volta di Gal in compagnia di altri due senatori. Come voteranno quando l’Italicum approderà in aula diventa un punto interrogativo: “Sono convinto – dice – che il Parlamento darà il meglio di sé. L’importante è che si tenga conto anche del Movimento 5 Stelle e che sia garantita rappresentanza piena”. L’altra incognita è la minoranza Pd. Che, a sua volta, ha però diverse anime e diverse sensibilità. Un primo fronte comune si è visto alla vigilia della direzione del Partito di mercoledì sera, dove si è registrata una convergenza verso “la netta contrarietà ai 100 capilista bloccati”. A non partecipare al voto sulla riforma del Senato furono ad esempio in 16 della minoranza dem. Un ulteriore pezzo del mosaico va cercato in casa della Lega (15 senatori) e di Sel (7): con il loro eventuale consenso al nuovo Italicum – qui entra in gioco,a favore, il premio di lista e le soglie basse – metterebbero al sicuro l’approvazione dell’Italicum anche in caso di sgambetti vari. A ultimare il quadro il gruppo composto da ex pentastellati: valgono 14 voti. E sull’Italicum 2.0 – stando agli off the records – potrebbero non avere preclusioni particolari. (di Mattia Bernardo Bagnoli/ANSA)