Smacco sul Datagate, ma Obama sfida la destra sugli immigrati

NEW YORK.- Tra Barack Obama e i repubblicani è già scontro aperto. A due settimane dalla schiacciante vittoria della destra alle elezioni di midterm, il Senato ha bloccato l’attesissima riforma della Nsa, fortemente voluta dalla Casa Bianca e dai big della Silicon Valley, dopo il terremoto di dimensioni globali provocato dal Datagate. Pronta la risposta del presidente americano, che ha deciso di andare avanti senza indugi sulla riforma dell’immigrazione, senza aspettare il nuovo Congresso. Anticipando addirittura di un giorno l’annuncio del decreto che metterà in regola circa 5 milioni di clandestini. L’illustrazione del provvedimento al Paese avverrà domani alle 8 di sera (ora di Washington) in diretta tv. Era previsto per venerdì a Las Vegas, dal palco della Del Sol High School. Scelta non casuale, perché proprio da lì nel 2013, davanti a una platea di giovani studenti ispanici, Obama annunciò la sua intenzione di voler procedere a una riforma storica del sistema immigratorio. Una delle grandi promesse del presidente fin dal 2008, ma finora rimasta nel cassetto per il muro contro muro con i repubblicani a Capitol Hill. Ora Obama non vuole più aspettare: “Quello che presenterò è un piano in linea con i miei poteri esecutivi e con la mia autorità di presidente per rendere un sistema dell’immigrazione, che oggi non funziona, migliore”, ha anticipato sul profilo Facebook della Casa Bianca. Spiegando che comunque da gennaio continuerà a lavorare con il nuovo Congresso per apportare alla riforma tutte le eventuali modifiche e migliorie del caso. Ma di dialogo in questo momento i repubblicani non vogliono assolutamente sentir parlare. Per loro la mossa di Obama equivale ad un vero e proprio schiaffo, dopo che i leader repubblicani in Congresso avevano detto in tutte le salse che un decreto del presidente sarebbe stato un grave errore: “Sarebbe come mettere un drappo rosso davanti a un toro”, per usare le parole del numero uno della destra in Senato, Mitch McConnell. E di fronte a questo schiaffo è difficile che il Grand Old Party non reagisca con forza, soprattutto per la spinta della base e dell’ala più conservatrice del partito, compresa quella dei Tea Party.

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Magra è la consolazione di aver bloccato la riforma della Nsa in una delle ultime votazioni in Senato prima del cambio della guardia. Per avviare la discussione sullo ‘Usa Freedom Act’ servivano 60 voti, e ne sono arrivati solo 58. Tutto è dunque rinviato al prossimo anno. Il testo bipartisan, già varato dalla Camera, prevede una stretta sul potere – oggi quasi assoluto – degli 007 americani. Potere di spiare attraverso una raccolta indiscriminata di dati e informazioni sulle telefonate e sulle e-mail degli americani. E non solo degli americani, visto l’imbarazzante programma di intercettazioni dei leader mondiali – dalla Merkel in giù – svelato dalla ‘talpa’ Edward Snowden. Per la Casa Bianca il rinvio al prossimo anno di una questione così delicata rappresenta un piccolo smacco, soprattutto dal punto di vista dell’immagine, anche sul piano internazionale. Ma non turba più di tanto Obama, visto che l’apertura del dibattito in Senato difficilmente avrebbe prodotto risultati concreti, col Congresso uscente che chiuderà i battenti poco prima di Natale. “Non è il momento di legarci le mani”, ha commentato McConnell, ricordando come la lotta all’Isis abbia riportato in primo piano la questione terrorismo. Ma la destra appare spaccata tra chi vorrebbe limitare al massimo i paletti posti dalla riforma e chi – come il senatore Ted Cruz, possibile candidato alla Casa Bianca nel 2016 – vorrebbe invece limitare ancor di più i poteri della Nsa. Se ne riparlerà da gennaio, probabilmente, e con la data del primo giugno che incombe: è quella infatti la data in cui ‘scade’ il ‘Patriot Act’, la legge varata all’indomani degli attentati dell’11 settembre 2001. E senza una riforma il lavoro della Nsa potrebbe essere bloccato. (di Ugo Caltagirone/ANSA)

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