Fettuccine Alfredo, spaghetti & meat balls e il gusto del mangiar glocal

ROMA. – Provate a chiedere ad un italiano, normalmente residente in Italia, se conosce le “fettuccine Alfredo” (fettuccine con burro e parmigiano, http://ricette.giallozafferano.it/Fettuccine-Alfredo.html). Noterete, nella maggioranza dei casi, un’espressione di perplessità e smarrimento seguita da un deciso: No! Oppure chiedete se ha mai mangiato gli spaghetti con le polpette (meatballs): può essere, soprattutto se le polpette sono piccole, ma è probabile che la perplessità continui: gli spaghetti si mangiano normalmente con il ragù, se si parla di carne, e non con le polpette. Un piatto che mescola i cosiddetti “primo” e “secondo” insieme non è di gradimento alla maggioranza degli italiani.

Eppure questi sono i piatti più mangiati nei ristoranti italiani degli Stati Uniti. Ciò che mi incuriosisce e stuzzica la riflessione è che casi come questi sono rappresentativi di una vera e propria gastronomia italica, che ha alle spalle quella italiana ma è capace di rilocalizzarsi (soprattutto per l’apporto degli immigrati italiani) in altri luoghi con alcune differenze, diventando appunto italica.

Le “fettuccine Alfredo” – in Italia le chiamiamo fettuccine al burro o, per esteso, fettuccine con burro e parmigiano – sono considerate un piatto italo-americano. Sono, tuttavia, nate in Italia, a Roma nel 1914, dalle mani di Alfredo di Lelio. Le fettuccine Alfredo richiamano in ogni turista americano la città di Roma, evocano la Dolce Vita romana. Forse ebbero successo anche perché, così ci racconta Waverly Root, nel suo The Food of Italy: “Alfredo era riuscito a rendere il suo servizio uno spettacolo che ricordava un’ opera lirica”. Il piatto, a quanto pare, era molto amato dagli americani che venivano in Italia, i quali, mano a mano, cominciarono a richiederlo nei ristoranti italiani negli Stati Uniti, fino a farne diventare un’icona del cibo italo-americano.

La pasta con le polpette non ha un nome specifico sconosciuto in Italia che la contraddistingue, ma come detto mette insieme due alimenti normalmente distinti nella cucina italiana. Perché si diffonde proprio tra gli emigranti italiani in America? Perché le migliori condizioni economiche e di vita permettevano loro di mangiare la pasta, piatto sì popolare, seppur condiviso dalle élite borghesi ed aristocratiche (le differenze con il popolo riguardavano le spezie o i cibi con cui veniva condita e affiancata), con la carne, tipico, invece, delle classi privilegiate. Insomma, fare fortuna significava poter mangiare carne e pasta nel piatto quotidiano.

La cucina, soprattutto quella italiana, ci racconta tantissimo di una identità collettiva e della sua cultura. Se dovessimo sintetizzare potremmo pensarla come il frutto di unità e diversità al tempo stesso. E oggi, in tempi di glocalizzazione, essa appare un fenomeno straordinariamente glocale. I casi che ho riportato, ma ne esistono tantissimi e tra i più diversi, sono esemplari in questo senso. Hanno fatto più l’Italia e gli italiani i costumi alimentari che tante decisioni politiche e amministrative, e forse, nella costruzione del paese Italia, è stato più accolto e letto Pellegrino Artusi con “La Scienza in cucina e l’arte di mangiare bene”, nel suo intento di unificare il paese attraverso gli usi gastronomici, che Manzoni, mi si permetta, con il suo intento linguistico. Perché Artusi costruì il suo ricettario sulla base delle tradizioni locali, attraverso un lavoro di cucitura sul piano nazionale, senza per questo svilire le prime, anzi esaltando proprio il loro carattere localista. Perché l’Italia, nel bene e nel male, è questo insieme di diversità che stanno insieme: litigano, cooperano, tradiscono, si trovano, si lasciano per poi ritrovarsi. La cucina italiana, come la descrive Artusi, è stato uno dei primi grandi esempi storici di rete alimentato dalle città, che ricevono e consumano i prodotti dalla campagna ma li rimettono anche in circolo, attraverso la conoscenza, di cui gli italiani sono esperti, di nuove e sempre più sofisticate tecniche di conservazione, andando ad arricchire le famiglie borghesi che aprono nuovi mercati. Insomma, si parte dall’ esperienze locali che piano piano diventano alla portata di un numero più ampio di consumatori. Un esempio? La pasta è un piatto nazionale di cui esistono una quantità infinita di varietà, come pure negli ingredienti che l’accompagnano o nel modo di cucinarla.

La diversità è il frutto non solo di località differenti che sviluppano tipicità ma anche di continue contaminazioni alimentari che danno luogo ad complesso culinario pieno di sfumature. In Italia, centro del Mediterraneo, arrivano tutte le spezie dall’Oriente, il riso ma anche, dagli arabi, la pasta larga o tagliata lunga e fine. In Italia verrà perfezionata la seccatura che ne permetterà il trasporto ovunque. Oppure il pomodoro, che dalle Americhe diventa protagonista di pasta e pizza oppure il mais, che farà della polenta il piatto tipico del nord Italia. La cultura gastronomica italiana mescola non solo ingredienti ma anche usanze, costumi, modi di fare. Siamo da sempre contaminazioni, come pure lo sono quelle create dagli italiani all’estero, capaci di apportare al tempo stesso tradizione e modernità alla cucina italiana, facendola, appunto, divenire italica.

Non si veda questo articolo in contraddizione con altri precedenti, qui si parla di cultura culinaria e non di cibo come sussistenza. Se la cucina italiana è rinomata e amata in tutto il mondo lo deve perché è connaturata ad uno stile di vita che si porta dietro: convivialità, dialogo, condivisione, passione. E ci piace pensare che chiunque, mangiando italiano nelle sue tante sfumature e variabili, possa lasciarsi trasportare da tale cultura, e magari, in quei momenti, sentirsi un po’ italico. (Riccardo Giumelli/da La Voce di New York)

4 comments

STORIA DI ALFREDO DI LELIO, CREATORE DELLE “FETTUCCINE ALL’ALFREDO” (“FETTUCCINE ALFREDO”), E DELLA SUA
TRADIZIONE FAMILIARE PRESSO IL RISTORANTE “IL VERO ALFREDO” (“ALFREDO DI ROMA”) IN PIAZZA AUGUSTO IMPERATORE A ROMA

Con riferimento al Vostro articolo ho il piacere di raccontarVi la storia di
mio nonno Alfredo Di Lelio, inventore delle note “fettuccine
all’Alfredo” (“Fettuccine Alfredo”).

Alfredo Di Lelio, nato nel settembre del 1883 a Roma in Vicolo di Santa Maria
in Trastevere, cominciò a lavorare fin da ragazzo nella piccola trattoria
aperta da sua madre Angelina in Piazza Rosa, un piccolo slargo (scomparso
intorno al 1910) che esisteva prima della costruzione della Galleria Colonna
(ora Galleria Sordi).

Il 1908 fu un anno indimenticabile per Alfredo Di Lelio: nacque, infatti, suo
figlio Armando e videro contemporaneamente la luce in tale trattoria di Piazza
Rosa le sue “fettuccine”, divenute poi famose in tutto il mondo. Questa
trattoria è “the birthplace of fettuccine all’Alfredo”.

Alfredo Di Lelio inventò le sue “fettuccine” per dare un ricostituente
naturale, a base di burro e parmigiano, a sua moglie (e mia nonna) Ines,
prostrata in seguito al parto del suo primogenito (mio padre Armando). Il
piatto delle “fettuccine” fu un successo familiare prima ancora di diventare il
piatto che rese noto e popolare Alfredo Di Lelio, personaggio con “i baffi
all’Umberto” ed i calli alle mani a forza di mischiare le sue “fettuccine”
davanti ai clienti sempre più numerosi.

Nel 1914, a seguito della chiusura di detta trattoria per la scomparsa di
Piazza Rosa dovuta alla costruzione della Galleria Colonna, Alfredo Di Lelio
decise di trasferirsi in un locale in una via del centro di Roma, ove aprì il
suo primo ristorante che gestì fino al 1943, per poi cedere l’attività a terzi
estranei alla sua famiglia.

Ma l’assenza dalla scena gastronomica di Alfredo Di Lelio fu del tutto
transitoria. Infatti nel 1950 riprese il controllo della sua tradizione
familiare ed aprì, insieme al figlio Armando, il ristorante “Il Vero Alfredo”
(noto all’estero anche come “Alfredo di Roma”) in Piazza Augusto Imperatore
n.30 (cfr. http://www.ilveroalfredo.it).

Con l’avvio del nuovo ristorante Alfredo Di Lelio ottenne un forte successo di
pubblico e di clienti negli anni della “dolce vita”. Successo, che, tuttora,
richiama nel ristorante un flusso continuo di turisti da ogni parte del mondo
per assaggiare le famose “fettuccine all’Alfredo” al doppio burro da me
servite, con l’impegno di continuare nel tempo la tradizione familiare dei miei
cari maestri, nonno Alfredo, mio padre Armando e mio fratello Alfredo. In
particolare le fettuccine sono servite ai clienti con 2 “posate d’oro”: una
forchetta ed un cucchiaio d’oro regalati nel 1927 ad Alfredo dai due noti
attori americani M. Pickford e D. Fairbanks (in segno di gratitudine per
l’ospitalità).

Desidero precisare che altri ristoranti “Alfredo” a Roma (come Alfredo’s
Gallery o Alfredo alla Scrofa) non appartengono alla mia tradizione familiare.

Vi informo che il Ristorante “Il Vero Alfredo” è presente nell’Albo dei “Negozi
Storici di Eccellenza – sezione Attività Storiche di Eccellenza” del Comune di
Roma Capitale.

Grata per la Vostra attenzione ed ospitalità nel Vostro interessante blog,
cordiali saluti

Ines Di Lelio

IN INGLESE

HISTORY OF ALFREDO DI LELIO CREATOR IN 1908 OF “FETTUCCINE ALL’ALFREDO” (“FETTUCCINE ALFREDO”), NOW SERVED BY HIS
NEPHEW INES DI LELIO, AT THE RESTAURANT “IL VERO ALFREDO” – “ALFREDO DI ROMA” IN ROME, PIAZZA AUGUSTO IMPERATORE 30

With reference of your article (for which I thank you), I have
the pleasure to tell you the history of my grandfather Alfredo Di Lelio, who is
the creator of “Fettuccine all’Alfredo” (“Fettuccine Alfredo”) in 1908 in the
“trattoria” run by his mother Angelina in Rome, Piazza Rosa (Piazza disappeared
in 1910 following the construction of the Galleria Colonna / Sordi). This “trattoria”
of Piazza Rosa has become the“birthplace of fettuccine all’Alfredo”.

More specifically,as is well known to many people who love the “fettuccine all’Alfredo”, this famous dish in the world was invented by Alfredo Di Lelio
concerned about the lack of appetite of his wife Ines, who was pregnant with my
father Armando (born February 26, 1908).

Alfredo di Lelio opened his restaurant “Alfredo” in 1914 in Rome and
in 1943, during the war, he sold the restaurant to others outside his
family.

In 1950 Alfredo Di Lelio decided to reopen with his son Armando his restaurant in Piazza Augusto Imperatore n.30 “Il Vero Alfredo” (“Alfredo di Roma”), whose
fame in the world has been strengthened by his nephew Alfredo and that now
managed by me, with the famous “gold cutlery” (fork and spoon gold) donated in
1927 by two well-known American actors Mary Pickford and Douglas
Fairbanks (in gratitude for the hospitality).

See also the website of “Il Vero Alfredo”.(with news also about franchising).

I must clarify that other restaurants “Alfredo” in Rome do not belong to the family tradition of “Il Vero Alfredo – Alfredo di Roma”.

I inform you that the restaurant “Il Vero Alfredo –Alfredo di Roma” is
in the registry of “Historic Shops of Excellence” of the City of Rome Capitale.

Best regards Ines Di Lelio

Vi ringrazio per la pubblicazione del mio articolo sulla storia della mia famiglia.
Vi aspetto, miei ospiti, al mio ristorante di Roma a Piazza Augusto Imperatore fondato da mio nonno Alfredo Di Lelio, creatore delle note fettuccine all’Alfredo.
Distinti saluti
Ines Di Lelio
Ristorante Il Vero Alfredo – Alfredo di Roma
Piazza Augusto Imperatore n.30
00186 Roma
mob. cell. 00393358232752

Il giorno 25 novembre 2014 13:23, Disqus ha scritto:

Grazie!!! Stiamo in Venezuela, ma alla prima occasione che passeremo per Roma non mancheremo. Saluti e auguri per il successo del ristorante!!

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