Renzi contro “disfattisti”. Avanti come e più di prima

ROMA. – Il sospetto che gira forte tra i renziani è che in Emilia Romagna si sia saldato un asse tra la Cgil e la minoranza dem per scoraggiare la partecipazione al voto nella regione rossa per eccellenza. Un tentativo di “boicottaggio” delle politiche di governo che Matteo Renzi non ha intenzione di subire: “Cercano di fermarmi o usano ogni occasione per una rivincita del congresso ma hanno sbagliato interlocutore”, fa spallucce il premier, convinto al contrario che il risultato elettorale abbia premiato chi vuole fare le riforme e punito chi le frena. “Andiamo avanti come e più di prima perché l’Italia non può aspettare analisi del voto interessate”, si sottolinea a Palazzo Chigi nell’inquadrare lo stato d’animo del presidente del Consiglio in queste ore. Al di là della spavalderia mostrata in pubblico, il premier non sottovaluta il segnale arrivato dal non voto. Ma, a differenza dei “disfattisti”, non crede affatto che sia un segnale contro il governo. In Emilia Romagna, spiegano i fedelissimi del premier, “abbiamo pagato in primo luogo l’inchiesta sulle spese pazze e la visione di un’istituzione distante dai cittadini e fonte di sprechi”, contro la quale, non a caso, lo stesso presidente del consiglio ha ingaggiato una battaglia quando le Regioni hanno fatto muro contro i tagli della legge di stabilità. Ma, è l’analisi del premier, l’astensione “ha colpito tutti i partiti” e questo dimostra che nel mirino non ci sono le scelte del governo anche perchè alla fine il Pd ha vinto in entrambe le regioni. Quello che fa più irritare il segretario Pd è che, però, “proprio chi non è abituato a vincere” mette l’accento solo sull’astensione e non sul fatto che un’altra regione, la Calabria, è passata al centrosinistra in una scia positiva cominciata in Sardegna. Critiche che possono alimentare “chiacchiere”, dibattiti ed editoriali ma certo non aiutano a far rialzare l’Italia “anzi alimentano quella cultura del piagnisteo e della rassegnazione” che non aiuta l’Italia a cambiare e “a riprendersi il posto che si merita”. Per questo Renzi non ha intenzione di offrire il fianco agli attacchi. Nè tanto meno di ingaggiare duelli con chi, come Maurizio Landini, mette in contrapposizione le “piazze piene” delle manifestazioni e le urne vuote. L’obiettivo del premier è dare risposte con i fatti e per questo spinge sui suoi per approvare nei tempi definiti il jobs act. E dimostrare che, al di là dei detrattori, dà e non toglie diritti e soprattutto, è convinto il leader Pd, creerà nuovi posti di lavoro. Questo sul fronte sociale e economico mentre sul lato dell’ammodernamento delle istituzioni, il premier vuole portare a casa la riforma elettorale e quella istituzionale. Silvio Berlusconi, si ragiona dentro il governo, nonostante la debacle elettorale, non avrà il coraggio di mandare all’aria il patto del Nazareno. I vantaggi per l’ex premier, sostengono nella maggioranza, sarebbero inferiori agli svantaggi. “Berlusconi non può permettersi di essere tagliato fuori da prossime partite delicatissime, come il Quirinale”, ripetono i renziani. (di Cristina Ferrulli/ANSA)