Isis: Unione Europea in allarme. Il flusso dei combattenti cresce ancora

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BRUXELLES. – “Non si arresta il flusso dei foreign fighters” europei verso Siria ed Iraq. Anzi, secondo il coordinatore antiterrorismo europeo Gilles De Kerchove, si tratta di un “fenomeno in costante aumento” (anche se le stime per il momento si attestano sui 3.000). Per questo, nonostante il lavoro dei 28 e delle istituzioni comunitarie sia sulla “buona strada”, occorre “accelerare nella risposta” con “più ambizione”. Mentre in Germania si registra la prima condanna a tre anni e nove mesi di carcere, per un ventenne tornato dalla Siria e ritenuto affiliato dell’Isis, la minaccia del terrorismo islamico e dei combattenti europei è al centro dell’agenda dei ministri dell’Interno Ue, che studiano un rafforzamento della cooperazione sul piano di sicurezza e prevenzione. Tra le questioni esaminate nella riunione, che ha visto la partecipazione di De Kerchove, del direttore di Europol Rob Wainwright e della presidente di Eurojust Michele Coninsx, la direttiva sulla registrazione dei dati dei passeggeri dei voli in area Schengen (Pnr). Molti ministri, a partire dall’italiano Angelino Alfano ed il francese Bernard Cazeneuve ne indicano l’assoluta “necessità” per individuare i passeggeri sospetti, ma per il dossier la strada all’Europarlamento resta in salita. La normativa, in ballo ormai dal 2011, è considerata come la “più controversa” tra quelle all’attenzione della commissione Libertà civili (Libe) del Parlamento e su questo si sta cercando “un punto di equilibrio molto delicato tra la protezione dei dati personali e la sicurezza”, spiega il ministro Alfano. Progressi, con l’adesione di dieci Paesi, si registrano sulla “proposta italiana di costruire delle squadre multinazionali ad hoc, con punti di contatto in ciascun Paese, che possano collaborare e comunicare tra loro per una maggiore fluidità delle informazioni”. Perché, sottolineano il segretario di Stato spagnolo Martinez Vazquez e il ministro austriaco Johanna Mikl-Leitner, “in questo momento lo scambio di informazioni è fondamentale”. Ma strategico è anche aumentare il sostegno e la collaborazione con i Paesi del Mediterraneo, che si trovano in prima linea, e proseguire nel dialogo con i colossi del web, da Google a Twitter a Facebook, che possono dare una grossa mano nello spezzare “la catena della radicalizzazione”, e favorendo piuttosto una “contro-narrativa” da parte di ong impegnate in questo tipo di programmi, osserva il commissario Ue Dimitris Avramopoulos. Altra questione all’attenzione la risposta giudiziaria al fenomeno, ancora “inadeguata alla misura del problema: 10 i fighters arrestati su circa 3.000 cittadini europei coinvolti” segnala De Kerchove, sottolineando la necessità di una direttiva che armonizzi gli ordinamenti dei 28 sotto il profilo della persecuzione penale. Proprio ieri, oltre alla condanna in Germania, in Gran Bretagna un giudice ha emesso la sentenza nei confronti di due cittadini di Birmingham, entrambi di 22 anni, già condannati per terrorismo e arrestati a gennaio al loro ritorno dalla Siria: resteranno in carcere per 12 anni e otto mesi ciascuno. Sul terreno, in Siria, l’Osservatorio nazionale per i diritti umani segnala che i miliziani dell’Isis sono arrivati quasi ai cancelli dell’aeroporto militare di Dayr az Zor, nell’est del Paese, uno dei pochi capisaldi delle forze del regime nella regione, mentre in Iraq i cacciabombardieri francesi sono tornati in azione, con un massiccio raid aereo. Continua poi a tenere in ansia la sorte del giornalista americano Luke Somers, prigioniero di al Qaida nello Yemen da oltre un anno. La madre si è rivolta ai rapitori in un video appello pubblicato su YouTube, dal quale è emersa la notizia di un fallito blitz lanciato di recente dagli Usa per tentarne la liberazione. (Patrizia Antonini/Ansa)

 

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