Ostaggi a Sydney: l’Australia sotto minaccia da mesi

Ostaggi a Sydney: sequestratore chiede bandiera Isis ++

SYDNEY. – Il sequestro di ostaggi nella cioccolateria Lindt nel cuore di Sydney ha dato corpo a una delle maggiori paure degli esperti di antiterrorismo: la minaccia di un ‘lupo solitario’. E ora molti temono che il 15 dicembre 2014 possa diventare il giorno che cambia per sempre la tranquilla Australia, una ‘perdita dell’innocenza’. La minaccia di un cosiddetto attacco di un lupo solitario era emersa già lo scorso settembre, quando un blitz della polizia, in cui furono arrestate 15 persone, avrebbe sventato un complotto per uccidere e decapitare una persona a caso nel centro di Sydney, possibilmente a Martin Place, di filmare l’esecuzione e poi diffonderla nei media sociali. Pochi mesi prima il Comitato di esperti di controterrorismo australiani e neozelandesi Anzctc aveva segnalato che qualsiasi luogo o evento che attrae folle numerose va identificato come “obiettivo attraente per estremisti religiosi e politici, oltre che per individui scontenti o squilibrati”. Il comitato è particolarmente preoccupato per il modo in cui gruppi terroristici come lo Stato Islamico incitano i seguaci in paesi occidentali a condurre attacchi da ‘lupo solitario’, difficilissimi da individuare e da prevenire. Un attacco con un’arma da fuoco, un coltello o una bomba di solito ha soltanto un obiettivo: uccidere più persone possibile, il più rapidamente possibile. E di mandare un messaggio.  Tuttavia gli sviluppi di oggi, e in particolare la prolungata trattativa con i negoziatori della polizia (l’assedio è durato oltre 16 ore), sembrano contraddire queste analisi. Secondo l’esperto di terrorismo James Brown dell’Istituto Lowy di Politica Internazionale, molti aspetti del dramma di oggi sembrano anomali rispetto agli spettacolari attacchi terroristici a fini di propaganda, frequenti in altri paesi. Innanzitutto non vi sono state rivendicazioni da parte di nessun gruppo come lo Stato Islamico e non sembra vi sia un piano coordinato di messaggi per i media. In luoghi come Kabul e Baghdad, gli attacchi terroristici sono accompagnati da elaborati sforzi per diffondere il messaggio e proclamare il gruppo responsabile. In questo incidente non vi è stato nulla del genere, osserva Brown. A parte la bandiera nera, che peraltro non è una bandiera dello Stato Islamico ma rappresenta una generale espressione di fede nell’Islam, il messaggio o la causa del sequestratore non è chiara. E non vi è stato un ovvio coordinamento oltre il singolo incidente. Secondo l’esperto sembra improbabile che il sequestratore (ucciso nel blitz della polizia che ha messo fine alla presa di ostaggi) fosse ben addestrato. Lo è stato abbastanza da sopraffarli, ma non è riuscito a controllarli tutti: oltre una decina era riuscita a fuggire e altri a comunicare con le persone care. Il tutto, conclude Brown, suggerisce che si sia trattato di un individuo solitario che ha abbracciato la causa a lui più familiare, senza un piano dettagliato su come concludere la sua azione. (di Claudio Marcello/ANSA)