Mafia Roma: business benzina, da contrabbando a gasolio fantasma

Mafia Roma: rifornita nave fantasma, frode da 7 mln ++

ROMA. – Per la Cupola i carburanti erano un vero affare. Un affare “pulito”, ovvero – dal punto di vista della malavita – da chiudere senza ricorrere all’uso di armi o atti criminosi che potessero esporre i componenti del clan. Un business a molti zeri, “regolare preciso”, come chiosa il superboss Ernesto Diotallevi in un’intercettazione ambientale. Gli arresti di stamani per la maxifrode da sette milioni di euro per 11 milioni di litri di gasolio mai consegnato aprono un’altra pista investigativa su cui fare luce. Si sospetta infatti il contrabbando di benzina da vendere “in nero” e da destinare ai tanti distributori che l’organizzazione aveva sparsi soprattutto nel Lazio. E proprio una stazione di servizio a Corso Francia era il quartier generale degli uomini di Carminati e qui Massimo Perazza, Massimo il romanista, ricercato per la maxifrode, si incontrava con Roberto Lacopo, anche lui nel business benzina. La pista di un’attività di contrabbando prende le mosse da intercettazioni ambientali di colloqui tra il boss Ernesto Diotallevi e i figli, Mario e Leonardo. Diotallevi, rileva il Ros, è interessato ad “acquisire una pompa di benzina da impiantare presso il cantiere navale (a Fiumicino, ndr) con la quale eseguire delle truffe sulla movimentazione di carburanti unitamente ai figli Mario e Leonardo e con la partecipazione di Mario Gonnelli, ex candidato sindaco a Fiumicino per il centrodestra, e Giuseppe Volpe, maresciallo della Gdf”. “Movimentazioni finalizzate alla rivendita di carburante in nero”, si spiega nelle carte allegate agli atti dell’inchiesta. E’ il gennaio del 2013 e, a spiegare a Diotallevi senior le modalità del progetto “criminale”, è il figlio Leonardo: “biosgna pià la barca …una testa di legno…tutto regolare…pagarla e carichi 10 mila litri, arriva, se ferma al porto de Ostia…poi va a scaricà ad un altro cantiere… con un’ora deve scaricare tutto, ci vuole una bella pompa che scarica tutto e mette delle cisterne nascoste”. La barca però deve essere “straniera”, spiega ancora Leonardo, perchè sul carburante venduto a natanti esteri non si paga “Iva e accise”. “Per ruspargliela basta pià na barca estera – dice Leonardo -, solo la barca te po’ porta i soldi perchè la barca è quella che porta più carburante de tutti ..c’ ha i serbatoi è meno controllata perchè nun ce stanno tutti sti controlli e gli puoi fare male…se buttamo sul contrabbando”. Insomma, e questa è la sintesi di Ernesto Diotallevi, “con la benzina se trovi il sistema giusto bello pulito preciso…lì in due anni lo metti a regime e fai il lavoro regolare…lo fai per due anni a ruspà forte… se si fa bene regolare”. L’affare poi sembra subire una battuta d’arresto forse perchè, ipotizzano i Diotallevi, “Giovanni si è messo in mezzo a ‘sta cosa”. Giovanni è Giovanni De Carlo, il sodale di Carminati che amava i vip e gli investimenti, amico di Belen e degli affari. De Carlo “è interessato ad investimenti nel ramo carburanti tramite Russo Fabio (titolare di Acquapower, società per il commercio di carburanti”, ndr”), rilevano i Ros. Ed infatti i due investono sulle pompe di benzina. Russo intercettato spiega “piano piano procediamo siamo..stiamo aprendo altre pompe di benzina e quindi…sono 6, una in costruzione, una attiva, ne abbiamo prese 4 sto facendo gli allestimenti”. E spiega dove: “Cerveteri, una dopo Cerveteri, sull’Aurelia, una per andare a Rieti, prima di Rieti, prima che entri a Rieti, un’altra tra Rieti e Ascoli Piceno all’altezza di Amatrice sempre Salaria e l’altra sulla Orte-Viterbo, qualcuna su Roma, io chiudo….chiudo 2013/2014 con 12 impianti”. E spiega: “sto dismettendo delle proprieta’ immobiliari, sto scambiando la proprieta’ immobiliare con la proprieta’ delle pompe che poi mi gestisco con la mia di “Mondo Petroli” capito perchè… non è piu’ l’era del mattone”.

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