Putin all’Occidente, l’orso russo non si fa incatenare

Russian President Vladimir Putin attends his annual news conference

MOSCA. – La difficile congiuntura economica che sta mettendo in ginocchio la Russia e mandando a picco il rublo durerà al massimo due anni. Poi “inevitabilmente” ci sarà una ripresa sull’onda della crescita dell’economia mondiale. Parola di Vladimir Putin, che ha tentato di rassicurare cittadini e investitori nella sua immancabile maxi-conferenza stampa di fine anno senza rinunciare a giocare la consueta carta della sindrome da accerchiamento e a lanciare quindi nuove staffilate all’Occidente: colpevole – a suo dire – di voler “mettere in catene” e addirittura “impagliare” il temuto “orso” russo. Mentre l’Ue vara nuove sanzioni contro Mosca congelando gli investimenti europei in quella penisola di Crimea che la Russia ha strappato all’Ucraina a marzo, Putin accusa l’Occidente di costruire “nuovi muri” a un quarto di secolo dalla caduta di quello di Berlino: “L’espansione della Nato non è forse un muro, un muro virtuale?”, ha tuonato il presidente russo. E ancora: “I nostri partner si credono un impero, ci vogliono vassalli”. Parole che di certo non vanno verso una de-escalation nelle tensioni con Ue e Usa dovute al conflitto nel sud-est ucraino, dove Mosca è accusata di sostenere militarmente i separatisti filorussi. E del resto sulla crisi ucraina – pur dicendosi a favore di una soluzione pacifica – Putin ha riaffermato in modo chiaro e conciso la sua posizione: la Russia ha ragione, l’Occidente ha torto, e le truppe di Kiev stanno conducendo “un’operazione punitiva” contro i ribelli. Sul fronte interno – dove è forte di una popolarità che ha raggiunto i massimi storici – il presidente russo ha escluso che la situazione attuale, per quanto problematica, possa metterlo in difficoltà: “Non temo colpi di palazzo perché non abbiamo palazzi – ha detto in tono sarcastico -, abbiamo il Cremlino che è ben protetto. Ma la cosa più importante che abbiamo – ha aggiunto – è il sostegno dell’anima e del cuore dei cittadini russi”. Putin ha inoltre respinto ancora una volta le accuse che gli sono mosse di alimentare una nuova guerra fredda anche con le sempre più numerose incursioni di caccia con la stella rossa a ridosso dello spazio aereo europeo (e non solo): “Non attacchiamo nessuno, ma difendiamo i nostri interessi nazionali, ed è questo che non piace all’estero”, ha detto, per poi lanciare una frecciatina agli Usa, le cui basi militari “sono in tutto il mondo”, mentre Mosca ne ha “solo due all’estero”. E inoltre – ha proseguito il leader del Cremlino – la Russia “spende dieci volte meno del Pentagono” per la difesa. Quanto affermato da Putin sulla crisi economica si può riassumere in due sole parole: niente panico. Il ritorno alla crescita è inevitabile, secondo l’uomo forte di Mosca: mal che vada ci vorranno altri 24 mesi. Il presidente russo si è anche detto in parte responsabile – in quanto capo di Stato – per quel che sta avvenendo, ma ha anche difeso il governo e la banca centrale definendo “adeguate” le misure adottate: pur senza inoltrarsi in spiegazioni più dettagliate su come uscire dalla crisi. E ha ammesso la necessità di diversificare l’economia russa, che dipende troppo da gas e petrolio, che rappresentano circa il 70% dell’export e metà del bilancio federale. Un legame troppo rischioso e le cui conseguenze si fanno sentire dolorosamente adesso che il prezzo del greggio è sotto i 60 dollari al barile. Ma “zar” Vladimir ha anche imputato alle sanzioni occidentali un peso del 25-30% sul crollo del rublo: che da inizio anno si è svalutato del 40% rispetto all’euro e del 60% rispetto al dollaro. Si è trattato della decima maxi-conferenza stampa di Putin da leader del Cremlino, e sicuramente è stata la più attesa e allo stesso tempo la più difficile di sempre vista la crisi che attanaglia l’economia russa. Lo “zar” ha parlato per circa tre ore nella grande sala del World Trade Center di Mosca esibendosi tra battutine e siparietti – anche sulla sua vita sentimentale – e interloquendo anche con giornalisti noti per la loro posizione critica nei suoi confronti. Ad ascoltarlo in sala c’erano più di 1.200 giornalisti che si sbracciavano e facevano a gara per fargli domande agitando gli oggetti più disparati (peluche compresi) per attirare la sua attenzione. (Giuseppe Agliastro/Ansa)

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