Perché questo 11 gennaio vale più dell’11 settembre 2001

Mass rally for attack victims in Paris
PARIGI. – Non succede tutti i giorni di veder passare la Storia. Ma quando succede, è un’emozione che tocca l’anima più profonda della nostra identità di “citoyen”, cittadini. Ed è in questa parola che a qualcuno sembra passare tutta la differenza culturale tra mondo musulmano e mondo cristiano. L’11 gennaio 2015 la Storia è ripassata per Parigi e per un giorno sono tornate a pulsare – visibili, condivise, universali – le ragioni profonde che dalla Rivoluzione Francese in poi sono a fondamento della società moderna: liberté, egalitè, fraternité. Sono quelle che hanno dato origine, e fondamento, alla parola “citoyen”. Se oggi in occidente siamo quel che siamo, lo dobbiamo a quelle tre parole, da cui sono derivate gli Stati e le Nazioni nella forma che oggi conosciamo. A Parigi l’11 gennaio 2015 non sono sfilati uno accanto all’altro Francois Hollande, Angela Merkel, Matteo Renzi, Abu Mazen, Benyamin Nethanyahu. E neppure la Francia, la Germania, l’Italia, la Palestina, Israele. Sono sfilati i principi fondanti del convivere civile oggi. Le stanche e frastornate opinioni pubbliche occidentali sono di colpo tornate a cogliere la ragione profonda della loro stessa identità. E’ per questo motivo che l’11 gennaio 2015 è una data che forse vale di più dell’11 settembre 2001. Perché se a New York c’è stato l’attacco, la vera risposta è stata Parigi. Nei 14 anni precedenti non vi era stato altro che una bellicosa chiamata alle armi in nome di libertà e democrazia, e giù bombe da Usa, Nato, Francia, GB. C’è voluto l’attacco a un giornale per provocare le vera reazione. Non un bombardamento, ma una manifestazione: un milione di persone che – in rappresentanza di un sentimento condiviso – sono partite a piedi da un luogo-simbolo, Place de la Republique, per raggiungere a piedi un altro luogo simbolo, Place de la Nation. Armati di una matita, nient’altro. Quella matita è il vero confine – oggi – del mondo occidentale, e segna il vero spartiacque con la cultura che permea il cosiddetto mondo islamico. In quella matita non ci sono solo i valori della libertà, della tolleranza, del rispetto dell’altro. C’è un sentimento condiviso dai cittadini, un modo d’essere, un tratto fondante di un’identità profonda. Quella matita ha in termini culturali lo stesso significato che ebbe in termini militari la battaglia di Lepanto cinque secoli fa. A Lepanto nel 1571 la flotta della Lega Santa papale sconfisse la flotta ottomana. Se quella battaglia fosse finita diversamente, l’intero corso della storia sarebbe stato diverso. Forse Roma (e Parigi, Berlino, Londra, New York) sarebbero oggi musulmane. Invece a Lepanto si segnò, in termini militari, un confine. L’Occidente ha continuato a svilupparsi in funzione delle radici giudaico-cristiano della sua cultura. Che non lo hanno preservato da orrori e atrocità, anzi. Ma che, nel loro divenire, lo hanno portato nel corso dei secoli a riconoscere libertà e democrazia come principi fondanti dello “stare insieme”. Al centro del loro significato c’è l’uomo, la persona, il cittadino. Con i suoi limiti e le sue contraddizioni, ma l’idea di fondo resta, ed è in funzione di questa che il mondo occidentale è andato avanti. Mentre – al di là del politcally correct di maniera – il mondo islamico integralista in troppe sue realtà è rimasto fermo. Non è forse ‘medievale’ l’idea che l’Islam radicale ha della donna? Non è forse un retaggio di un passato buio permettere la lapidazione sulla pubblica piazza? Questo è il significato dell’11 gennaio 2015. Le generazioni a venire leggeranno forse sui libri di storia che quel giorno il mondo occidentale, per molti versi in piena decadenza, rispose a Parigi all’attacco alle Torri Gemelle di New York con una matita. E vinse. (di Luciano Clerico/ANSA)

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