Gli Usa inviano 400 istruttori militari a ribelli siriani

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NEW YORK. – Gli Usa intensificano ancora gli sforzi contro lo Stato Islamico: in primavera invieranno 400 istruttori militari ad addestrare i ribelli moderati siriani. Lo ha reso noto il Pentagono, forse anche per rispondere a diverse fonti che – anche nello stesso ‘US Department of Defense’ (Dod) – affermano che in Siria i tagliagole dell’Isis stanno guadagnando terreno, nonostante la coalizione anti-Isis guidata dagli Usa abbia condotto contro di loro almeno 800 raid aerei in tre mesi. Questo anche perché in Siria, al contrario dell’Iraq, gli Usa non hanno alcun coordinamento con le forze sul campo, e pertanto é più che mai urgente e necessario avviare il programma di addestramento. Ma si tratta di un programma controverso, perché comporta il rischio di fidarsi di combattenti la cui lealtà alle forze occidentali rimane in gran parte ancora da provare. Rientra però esplicitamente nel piano del presidente Obama che prevede aiuti militari alle forze in guerra contro lo Stato islamico (Isis). Secondo le stime dovrebbe portare – con corsi di sei-otto settimane – alla preparazione di almeno 5.000 uomini l’anno, in quattro basi di tre Paesi diversi: Qatar, Arabia Saudita e Turchia. Per vederne gli effetti ci vorrà dunque ancora tempo, mentre l’Isis ha ormai il controllo di almeno un terzo del territorio siriano e continua a progredire, a volte senza neanche combattere, grazie alla fusione con altri gruppi jihadisti. Con i raid aerei l’impeto dello Stato Islamico sembra essere stato fermato, afferma il Pentagono, sostenendo che in Iraq i jihadisti sono ora sulla difensiva e sono indietreggiati in diverse regioni. In Siria la situazione è però diversa, ammette. “Ottenere il controllo territoriale in Siria non é mai stata la nostra missione” e “questo non e’ l’obiettivo dei nostri raid aerei”, ha detto il colonnello Patrick Ryder, portavoce del Comando Centrale (Centcom). “Certamente l’Isis e’ stato in grado di espandersi in Siria, ma questo non é il nostro obiettivo principale”, e “non definirei la Siria un santuario per l’Isis, ma un posto dove e’ più facile per loro organizzarsi”, ha detto un alto funzionario della Difesa citato in forma anonima dal Wall Street Journal. Affermazioni che di fatto rappresentano una riconferma della strategia ‘Iraq First’, che dà la priorità al fronte iracheno e che molti alti ufficiali invitano a rivedere. Tra loro c’e’ anche chi fa chiari paralleli con la guerra in Afghanistan, in cui le ‘retrovie’ dei talebani in Pakistan hanno fortemente minato gli sforzi militari americani. E intanto sono sempre di più i siriani che finiscono sotto il giogo dell’Isis. Il Daily Beast cita fonti della Coalizione per una Siria democratica (Cdc), un raggruppamento di movimenti di opposizione siro-americano, secondo cui nei primi due mesi di raid la bandiera nera dell’Isis e’ stata piantata in aeree in cui abitano circa un milione di persone e che fino ad allora erano controllate da forze moderate.

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