Niger: proteste anti-Charlie, incendiate sette chiese

Niger: proteste anti-Charlie a Niamey, incendiate due chiese

ROMA. – Dilagano in Niger le proteste contro il settimanale satirico francese Charlie Hebdo e sempre più assumono connotazioni di scontro interreligioso. Fino a ieri  sette chiese sono state date alle fiamme dopo devastazioni e saccheggi. Due a Zinder, nel sud del Paese, dove gli scontri tra manifestanti e forze di sicurezza hanno causato cinque morti e una cinquantina di feriti, altre due stamane nella capitale al termine della preghiera nella principale moschea della città. E poi ancora a Maradi, località situata a 600 chilometri da Niamey, e a Gourè, nell’est. Dovunque la polizia e l’esercito sono intervenuti in forze per contrastare centinaia di musulmani inferociti, soprattutto giovani che, dopo l’inizio pacifico di manifestazioni anti-Charlie al grido di ‘Allah Akhabar’ (‘Dio è grande’), hanno gradualmente cambiato obiettivo facendo di Parigi il bersaglio del maggior numero di insulti culminati dell’urlo ‘Francia vattene’ e ‘Fuori i francesi dal nostro Paese’. Il Niger è una ex colonia francese indipendente dal 1960 che con Parigi continua ad avere strettissimi rapporti, tant’è che il presidente Mahamadou Issoufou è uno dei capi di stato africani volati in Francia per partecipare alla marcia dei leader internazionali dopo la strage nella sede di Charlie Hebdo e nel supermercato ebraico. Ma anche qui, come in Ciad, Camerun e Mali le infiltrazioni dei fondamentalisti islamici si vanno facendo sempre più massicce e trovano terreno fertile in un Paese a stragrande maggioranza musulmana dove le vignette di Charlie Hebdo vengono percepite come una provocazione anche da chi condanna le stragi di Parigi. A Zinder, dove gli attacchi di ieri hanno causato la morte di tre civili, di un agente e di un uomo trovato cadavere oggi tra le rovine di una chiesa cattolica bruciata, secondo quanto riferito dalla Bbc online sono stati presi d’assalto anche un centro culturale francese, negozi e bar frequentati e gestiti soprattutto da non musulmani, cristiani evangelici in primis ma anche cattolici. Oggi la situazione resta molto tesa, ma la protesta si è spostata nella capitale e in altre località di una certa rilevanza economica. A Niamey i disordini sono cominciati fuori dalla grande moschea dopo la preghiera del mattino e l’esercito è intervenuto in assetto antisommossa facendo ampio uso di gas lacrimogeni. Piccoli gruppi di manifestanti più violenti sono però riusciti a sottrarsi alle forze dell’ordine e, coperti da fitte sassaiole, hanno ad appiccare il fuoco ai luoghi di culto e a due camionette della polizia, hanno incendiato copertoni per innalzare blocchi stradali e hanno devastato uffici e abitazioni private, senza fare vittime. La cattedrale è protetta da stamane da un centinaio di poliziotti che la circondano e impediscono a chiunque di avvicinarsi. Parigi ha innalzato il livello di allerta e l’ambasciata francese a Niamey ha chiesto ai suoi cittadini di chiudersi in casa e di non uscire nelle strade in attesa che nel Paese torni la calma. Il governo del Niger ha tra l’altro vietato la vendita del settimanale Charlie Hebdo ma questa misura non sembra per ora sufficiente a placare la rabbia in un Paese che, come Ciad e Camerun, confina con la regione nord-orientale della Nigeria in mano ai sanguinari fondamentalisti islamici Boko Haram. Una polveriera. Dove la temperatura continua a salire. (di Rossella Benevenia/ANSA)