L’Egitto risponde a Isis, uccisi quasi 30 jihadisti

EGITTO REAGISCE AGLI ATTACCHI ISIS, QUASI 30 MORTI SUL SINAI

IL CAIRO. – Con raid condotti da elicotteri “Apache”, l’esercito egiziano ha ucciso decine di jihadisti nel Sinai settentrionale: una sanguinosa risposta al colpo che il braccio locale dell’Isis aveva sferrato la settimana scorsa mietendo un numero poco superiore di vittime.  Le incursioni condotte nella notte fra giovedì e venerdì, secondo alcune fonti militari, hanno causato 25 vittime (27 secondo altre) e lasciato sul terreno anche 20 feriti nella zona di Sheikh Zuweid, nella parte nord-orientale della turbolenta penisola, verso il confine con Gaza e Israele. Ad essere colpiti sarebbero stati gli ex “Ansar Bait al-Maqdis”, i “Partigiani di Gerusalemme”, il principale gruppo jihadista egiziano da poco ribattezzatisi “Stato” o “Provincia del Sinai” (Welayet Sinai), nel quadro di un’alleanza-affiliazione con l’Isis annunciata in novembre per imporre la sharia nella penisola. Erano stati loro a compiere, rivendicandoli, quattro attacchi coordinati condotti la settimana scorsa contro postazioni militari in tre centri della stessa area del Sinai causando almeno 32 morti (alcune stime parlano di 40), tra cui alcuni civili. Per numero di vittime e complessità dell’azione, l’attacco era stato il più grave degli ultimi anni e simile solo a quello da almeno 31 vittime del 14 ottobre scorso, proprio a Sheikh Zuweid. Gli ex “Ansar” avevano anche rivendicato l’attentato dinamitardo che un anno fa mise in ginocchio l’industria turistica, concentrata nel ben presidiato e tornato tranquillissimo Sinai meridionale: fu colpito un pulman di vacanzieri a Taba causando la morte di quattro persone tra cui tre sud coreani. Anche in assenza di statistiche affidabili, la cifra di 25 terroristi uccisi in un sol giorno supera i bilanci di cui sono punteggiati gli archivi egiziani degli ultimi due anni (spicca un blitz con 30 vittime nel febbraio 2013). Considerando le “centinaia” di militari uccisi soprattutto nell’ultimo anno e mezzo, quello nel Sinai è dunque un vero conflitto e il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi – in un discorso in tv dopo gli attacchi coordinati del 29 gennaio – ha esortato gli egiziani a predisporsi ad una “lunga guerra” per sconfiggere gli integralisti islamici dell’Isis. Sisi inoltre aveva promesso che l’Egitto “vendicherà i propri martiri” e l’attacco della scorsa notte suona come una concretizzazione delle sue parole. Il fenomeno del jihadismo nel triangolo fra Canale di Suez, Golfo di Aqaba e Israele si è inasprito negli ultimi due anni ma dura ormai da almeno un decennio. Pur grande tre volte il fertile Delta del Nilo, il Sinai è desertico e ci vive solo l’1% della popolazione egiziana, nel 45% dei casi sotto la soglia di povertà. La “lotta contro il terrorismo non può essere efficace se non è accompagnata da uno specifico piano economico per sviluppare il Sinai”, ha sottolineato domenica Sisi che infatti sta realizzando due mega progetti per la penisola, tra cui il parziale raddoppio del Canale di Suez. (di Rodolfo Calò/ANSA)

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