Un italiano detenuto in Iraq, “voleva unirsi all’Isis”

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BEIRUT. – Dall’Italia all’Iraq, con il ‘sogno’ di entrare a combattere nelle file dello Stato islamico. E’ questa la storia di un connazionale che dall’estate scorsa è in carcere in Kurdistan. “Una storia strana”, l’ha definita il presidente della regione autonoma irachena, Massud Barzani, in un’intervista al quotidiano panarabo al Hayat, sottolineando che l’uomo è arrivato con un visto regolare dalla Turchia dichiarando apertamente alle guardie di frontiera di voler diventare un jihadista. Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni si è limitato a confermare oggi che un connazionale è stato “arrestato a luglio scorso nella zona di Erbil” ed è “detenuto dal dipartimento antiterrorismo della regione autonoma curda”. Da parte sua, l’ambasciatore a Baghdad, Massimo Marotti, ha detto all’ANSA che le autorità diplomatiche sono state informate in settembre dell’arresto di un italiano e che da allora “gli viene fornita assistenza consolare”. Marotti ha aggiunto di non avere ancora ricevuto dalle autorità locali alcun atto in cui vengano precisate le accuse rivolte all’arrestato. Nessuna notizia è stata data sull’identità dell’uomo. Tuttavia, già il 18 gennaio scorso, il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, aveva fatto sapere che un italiano, identificato come Giampiero F., era in carcere in Iraq per terrorismo internazionale. E, secondo fonti locali contattate oggi dall’ANSA, non vi sono altri connazionali che risultino detenuti in Iraq. Giampiero F., nato a Reggio Calabria 35 anni fa, è cresciuto a Bologna. Lì si converte all’Islam, si avvicina a circoli integralisti contigui al terrorismo e crea una rete di contatti. Dopo un periodo in Spagna (viene segnalato a Granada), transita dal buco nero della Turchia per provare ad arrivare nei territori del Califfato. Alcune comunicazioni via whatsapp con altri convertiti italiani sembrano inequivocabili: “È iniziata la mia lotta contro l’Occidente predone”. “Islam libertà per i popoli oppressi”. “Lottiamo fino alla fine per liberare le terre schiacciate dalla violenza occidentale”. I suoi familiari, citati recentemente da organi di stampa, erano rimasti sorpresi dalle scelte fatte dal loro congiunto, dicendosi convinti che fosse stato sottoposto ad un lavaggio del cervello. Intanto però il ‘Califfo’ dello Stato islamico, Abu Bakr al Baghdadi, ha sospeso proprio il reclutamento di miliziani stranieri, cioè al di fuori dell’Iraq e della Siria, per il timore di infiltrazioni nella rete jihadista, mentre dagli Usa arrivano segnali che si sta preparando una controffensiva contro le forze dell’Isis a partire dall’Iraq. Il quotidiano panarabo Al Arabi al Jadid, edito dal Qatar, cita a questo proposito una “fonte ben informata del ministero della difesa iracheno” secondo la quale il bando riguarda in particolare gli aspiranti jihadisti provenienti da alcuni Paesi della Coalizione internazionale a guida americana che combatte lo Stato islamico. Coalizione che sta preparando una “massiccia offensiva” a partire dall’Iraq, secondo quanto ha affermato in un’intervista all’agenzia giordana Petra il generale americano John Allen, coordinatore dell’alleanza, che oggi era in visita ufficiale ad Amman. In Afghanistan, nel frattempo, il jihadista che era considerato il responsabile dell’Isis nel Sud del Paese, il Mullah Abdul Rauf, è stato ucciso da un razzo probabilmente sparato da un drone Usa che ha centrato in pieno l’auto su cui viaggiava nella provincia di Helmand. Lo hanno reso noto oggi i servizi di intelligence (Nds) a Kabul, aggiungendo che Rauf, noto con il soprannome di Khadim, è morto con cinque suoi collaboratori. L’utilizzazione di un drone è stata resa nota dal vice governatore della provincia di Kandahar. Secondo i servizi d’intelligence, l’attività del Mullah Rauf, che in passato era stato ai vertici dei Taleban addirittura come braccio destro del Mullah Omar, conferma che l’Afghanistan rimane una delle basi del terrorismo internazionale. (di Alberto Zanconato/ANSA)

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