“Le istituzioni italiane non dimenticano i connazionali meno fortunati”

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CARACAS –La punta di un enorme iceberg. Un’iniziativa senz’altro lodevole che, anche se purtroppo solo per poche ore, è riuscita a far dimenticare a più di 200 anziani in difficoltà i tanti problemi della quotidianità che, in un paese in profonda crisi come il Venezuela, sovente si trasformano in quelli drammatici della sopravvivenza. Ci riferiamo al pranzo di Natale con il quale il nostro Consolato di Caracas, per l’occasione gestito dalla Console protempore Federica Sereni, ha voluto concludere il 2014. Una iniziativa applaudita da tanti e criticata solo da coloro che hanno ravveduto in piccole smagliature, legate soprattutto alla pericolositá del Paese, materia di rimbrotti e argomenti per caldeggiare le proprie candidature nella corsa per i Comites.

Il pranzo di Natale, come abbiamo detto, è solo la punta dell’Iceberg che cela tante attività, molte sconosciute e tante altre sottovalutate che svolge l’Ufficio di Assistenza Sociale del nostro Consolato di Caracas coordinato dalla dottoressa Sandra Vitale, coadiuvata dalla dinamica Giannina Zusi, Assistente amministrativo, e due giovanissimi digitatori Flavio De Vita e Julia Lòpez.

La crisi che vive il Paese spesso travolge con violenza i cittadini economicamente più deboli, le fasce di popolazione più bisognose, facendole sprofondare nell’indigenza e nella disperazione. Accade a tanti, tantissimi venezuelani. E accade anche a tanti, tantissimi connazionali che, dopo una vita di lavoro, restano con un “pugno di mosche”.  Sandra Vitale spiega che non sono pochi i connazionali che «si ritrovano privi di mezzi economici per motivi personali, investimenti sbagliati, perdita del posto di lavoro, e a volte sono anche abbandonati dai familiari e hanno gravi problemi di salute».

– La maggior parte – prosegue – vive da sola perché ha perso ogni contatto con i parenti in Italia. Alcuni di loro hanno figli con gravi disabilità fisiche cherichiedono cure e attenzioni mediche con costi elevati. A volte, sonostati costretti a vendere le proprietà per poter mantenere il familiare
disabile.

La crisi economica del paese, quindi, peggiora la loro situazione giacché alcuni percepiscono soltanto la pensione venezuelana. E questa, si sa, non sempre è sufficiente per l’acquisto di tutte le medicine necessarie o dei beni di primanecessità.

-Non riescono a far fronte alle spese mediche visto che le assicurazioni sanitarie venezuelane di cui dispongono sono molto limitate – prosegue -. Preme sottolineare che molti sono anziani – dice con grande preoccupazione  – e di conseguenza sono spesso sottoposti a interventi di cardiochirurgia con costi molto elevati.

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-In che altra forma vengono aiutati i più bisognosi?

-Il Consolato Generale – sottolinea – eroga un sussidio economico, assistenza medica ed assistenza farmaceutica.

Vitale ci spiega che nel primo caso il sussidio si concede in 2 o 3 “tranche” durante il corso dell’anno.

– Nel secondo caso, invece – illustra – è stata stipulata unaconvenzione con una società esterna che fornisce tutta l’assistenza medica acoloro che hanno bisogno di cure mediche urgenti  e non solo. Fornisce anchel’assistenza sanitaria agli anziani per i loro controlli di routine.

Il Consolato procura anche ifarmaci salvavita, attrezzature e prodotti vari per anziani e disabili (sedie arotelle, per esempio) ogni bimestre.

– Trattandosi di anziani – ci dice – si provvede anche a concedere l’assistenza odontologica.Ma quest’ultima non è prevista dalle convenzioni stipulate con le società esterne.

A volte i numeri scarni, senza tanti aggettivi, attributi o adorni, rendono meglio l’idea di ciò che si vuole esprimere. In questo caso, senz’altro.Nel 2014 il nostro Consolato di Caracas ha realizzato quasi 900 interventi per aiutare circa 750 connazionali. Quasi 400 di loro hanno ricevuto sussidi economici e assistenza farmaceutica e all’incirca 200 l’assistenza medica. E per assistenza medica bisogna intendere visita specialistica, interventi chirurgici e anche consegna di strumenti per migliorare la qualità di vita del connazionale: dalla sedia a rotelle al letto e così via di seguito.

La dottoressa Vitale sottolinea che “far sentire vicina la Madre Patria a chi tanti anni fa ha dovuto emigrare per costruire un futuro migliore, costituisce uno dei compiti più importanti dell’Ufficio che coordina”. E, aggiungiamo noi, farlo con le ristrettezze economiche che conseguono dalla crisi che in maniera diversa colpisce sia l’Italia sia il Venezuela, lo rende ogni giorno più difficile. (Arianna Pagano e Angélica Velázco/V0ce)

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Console Sereni: “Importante fare sentire ai connazionali detenuti che non sono soli”

CARACAS – Pochi, fortunatamente. Ma ugualmente importanti. Quella dei detenuti nelle carceri venezuelane è un’altra categoria di assistiti dal nostro Consolato Generale d’Italia. Sono connazionali che, abbagliati dal pensiero di ricchezza facile, hanno accettato di trasformarsi in “mulas” dei “narcos”, senza riflettere sulle conseguenze. I nostri detenuti, tutti in carcere per traffico di stupefacenti, sono solo 15. Ma all’inizio dell’anno ne erano di più. Altri sette, infatti, nonostante le lungaggini burocratiche, in base alla Convenzione di Strasburgo, dopo aver scontato una parte della pena in Venezuela hanno ottenuto il trasferimento in Italia. E ora sono nelle carceri della Madrepatria.

– Noi –spiega la dottoressa Federica Sereni, che è stata Console Generale “pro tempore”  per un brevissimo periodo conclusosi a gennaio – ci occupiamo anche dei detenuti. Il nostro ufficio Assistenza, che coordina la dottoressa Vitali, è sempre attento e lesto a intervenire ogni qualvolta se ne avverte il bisogno.

Una delle prime iniziative della Console Sereni, al suo arrivo in Venezuela, fu proprio quella di visitare i detenuti. Un gesto che la dice lunga sulla qualità umana e la sensibilità di chi, nei pochi mesi trascorsi nel paese, non si è limitata ai semplici controlli burocratici delle attività del Consolato, che avrebbe potuto facilmente espletare restando tra le quattro pareti di un confortevole ufficio.

– Abbiamo visitato i detenuti del “Rodeo 2” – ricorda -. Devo dire che, nel carcere, la situazione mi è sembrata abbastanza tranquilla e ben controllata. I detenuti stessi hanno detto di essere in buone condizioni.

La Console Sereni ci tiene subito a precisare, che si tratta sempre di connazionali detenuti, quindi privi di libertà, e che comunque la situazione riscontrata nel “Rodeo 2” non è necessariamentela stessa di tutte le carceri venezuelane.

– Cerchiamo di seguire i nostri detenuti – prosegue -. Ci sforziamo di favorire il contatto con le loro famiglie e di velocizzare le pratiche burocratiche di coloro che hanno fatto richiesta di trasferimento in Italia. Certo – precisa -, con le lungaggini che tutti sappiamo che esistono in Italia, in Venezuela e altrove.

Non solo parte del lavoro ma anche un gesto di solidarietà verso i connazionali ai quali pesa come un macigno la solitudine del carcere. E, per certi versi, anche una necessità. Ci spiega che le visite periodiche dei funzionari del nostro Consolato e del Console Generale stesso, a volte accompagnato da rappresentanti della nostra Ambasciata, contribuiscono a rendere più disponibili le autorità del carcere. Insomma, permette loro di rendersi conto che non si tratta di detenuti abbandonati al proprio destino.

Dopo aver commentato che i nostri reclusi “vivono comunque in condizioni di privazione di libertà”, sostiene che i contatti personali rivestono una importanza particolare.

– Hanno un numero limitato di telefonate – spiega -. E a volte, vuoi perché i familiari non sono in casa, vuoi perché la comunicazione è difficile, non riescono a telefonare. Noi manteniamo le famiglie informate sullo stato di salute del loro familiare in carcere. A volte svolgiamo anche un’opera sociale e di assistenza psicologica. Inoltre, ogni qualvolta è consentito, portiamo sapone, sciampo, alcuni alimenti permessi… beni di prima necessità. Il Consolato Generale – conclude – ha un rapporto costante con i detenuti. Ed è molto importante così come lo è far sentire loro che non sono soli. (M.B.)

 

Un’esperienza fugace

Due mesi appena. Poco, pochissimo tempo. Eppure la Console Sereni, con la sua semplicità, con il suo dinamismo, con la sua sensibilità è riuscita a lasciare una traccia in seno alla nostra comunità. Cosa non facile.

– E’ stata un’esperienza molto breve ma anche molto entusiasmante – ammette, raggiunta telefonicamente dalla ‘Voce’ -. Sono stati due mesi che ho cercato di vivere intensamente e con entusiasmo.

Parla con passione e ricorda con piacere e soddisfazione gli sforzi, le tensioni, le preoccupazioni e lo stress vissuti nell’organizzare assieme a tutti i funzionari del Consolato, in primis i responsabili dell’Ufficio Assistenza, l’incontro di Natale con i connazionali meno fortunati. Rievoca solo gli aspetti più piacevoli, quelli più gratificanti.

– Vede – ci dice – quando si lavora tutti assieme si riesce a dare alle persone che non hanno avuto fortuna nella vita un attimo di felicità. Un abbraccio, se si vuole virtuale, ma in ogni caso con tanto calore umano. E’ stato molto apprezzato. E’ stato un qualcosa che mi ha arricchito tantissimo, al di là del fatto che sia stato un evento di lavoro.

Ci parla di Caracas come di una città che riesce a trasmettere una grande energia e alla quale spera di tornare presto, anche se solo in vacanza.

– Devo dire che ciò che più mi ha colpito è stato l’entusiasmo della gente. – commenta per concludere – ; un’allegria che è intrinseca nel venezuelano. Ho vissuto in sedi diverse… e ho svolto compiti diversi. Sono stata a Singapore e Madrid. Non ero mai stata in Venezuela, né avevo mai affrontato temi strettamente vincolati al Consolato. Per me è stata una sfida. Sono stata ricevuta con simpatia dalla Collettività, ed anche dal personale col quale ho lavorato. Mi sono sentita ben accolta. Sono tornata in Italia con malinconia, con tanta malinconia. Non me lo aspettavo. Sono ancora in contatto con persone che ho incontrato e conosciuto a Caracas. La parentesi venezuelana mi ha lasciato tanti bei ricorsi. Spero di tornare presto, anche se solo in vacanza. (M.B.)