S’arroventa il clima politico in Venezuela mentre l’economia è sempre in crisi

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CARACAS. – Non è stata una sorpresa. Semmai, c’è stato un po’ di sconcerto. Volendo usare una perifrasi ormai in disuso, si è trattata della “cronaca di una morte annunciata”. L’arresto del Sindaco di Caracas, l’italo-venezuelano Antonio Ledezma (il padre è di origine campana), era solo questione di tempo. La rivelazione di un presunto colpo di Stato, le cui trame sarebbero state scoperte dai servizi segreti, e la denuncia del capo dello Stato, Nicolàs Maduro, del coinvolgimento di leader dell’Opposizione – leggasi, Jorge Borges, Maria Corina Machado e Antonio Ledezma – concedevano poco spazio a dubbi. E così, nel tardo pomeriggio di giovedì scorso, gli agenti del Sebin hanno fatto irruzione negli uffici del Sindaco italo-venezuelano e l’hanno arrestato, tra le proteste dei presenti. Ledezma è stato condotto alla sede centrale del Sebin nel “El Helicoide”, dov’è tuttora detenuto.

Ombre e dubbi sul futuro del leader politico. Le autorità competenti, ora, sono a un bivio. Potrebbero ripercorrere il cammino tracciato con altri due italo-venezuelani, Enzo Scarano e Salvatore Lucchese, e condannare Ledezma dopo un processo-lampo. In tal caso, la pena difficilmente sarebbe inferiore ai venti o venticinque anni di reclusione. O, come nel caso di Leopoldo Lòpez, rimandare il processo “ad  kalendas graecas” e lasciare languire il leader politico in carcere, in attesa di una condanna definitiva.

Un vecchio proverbio spagnolo, probabilmente del secolo XV,  dice che “quando vedi la barba del tuo vicino ardere, metti la tua in acqua”. Un esorto alla prudenza, alla cautela, alla precauzione. L’arresto di Ledezma è un campanello d’allarme per Maria Corina Machado, la cui firma l’11 febbraio scorso apparì accanto a quelle di Ledezma e Lòpez nel manifesto “Llamado a los Venezolanos a un Acuerdo Nacional para la Transiciòn”. Per il governo, il manifesto fu un invito alla disobbedienza civile, un incitamento all’insurrezione. Antonio Ledezma e Leopoldo Lòpez sono già in carcere. É logico pensare che prossimamente lo sarà anche Maria Corina Machado, alla quale è stata già tolta l’immunità parlamentare.

Gli esperti sostengono che se Machado è ancora a piede libero lo deve essenzialmente al “machismo” che regna ancora in America latina. L’arresto di una donna avrebbe ripercussioni assai negative nell’ambito internazionale, soprattutto in termini di immagine. E il governo, in questo momento di crisi economica, non può permettersi di perdere la solidarietà dei suoi vicini.

L’arresto di Jorge Borges, in cambio, avrebbe altre connotazioni. E’ difficile trovare oggi un nesso tra Alfredo Ledezma, Maria Corina Machado, Leopoldo Lòpez e Jorge Borges se non quello di militare nell’opposizione e di essere leader con esperienza parlamentare. Sono lontani i tempi in cui Leopoldo Lòpez e Jorge Borges, assieme al sindaco di Baruta Gerardo Blyde, si riunivano al Caffè-pasticceria “St. Honorè” per costruire prima il partito Primero Justicia e poi la candidatura di Lòpez al Comune di Chacao.

Senza Ledezma, Lòpez, Machado o Borges, leader senza un vero potere ma con carisma e una consolidata proiezione sui mass media, la responsabilità di un’opposizione politica ricade necessariamente sui leader regionali. Saranno loro a dover trovare la base per una unità di azione, coordinata dalla “Mesa de la Unidad” e portare avanti una campagna elettorale seria, convincente, con offerte realistiche per la scalata al Parlamento.

Come ha spiegato in più occasioni Luis Vicente Leòn, stando ai sondaggi la possibilità di ottenere la maggioranza relativa è sempre più reale. Anche con una maggioranza risicata, l’Opposizione in Parlamento potrebbe condizionare ogni decisione. Il presidente Maduro, come lo è quello degli Stati Uniti dopo il trionfo dei “Repubblicani”, si trasformerebbe in un’”anatra zoppa”. Il Parlamento, in considerazione di quanto fatto fino a oggi, potrebbe non solo rispedire al mittente ogni proposta di legge ma anche abrogare o modificare leggi già esistenti.

Alla radicalizzazione del clima politico corrisponde una realtà economica sempre più incerta. L’economia non cresce a dispetto di un’inflazione la cui spirale è in piena accelerazione. L’approvazione del nuovo schema di controllo dei cambi non pare abbia convinto, anche se, ad esser seri, bisogna attendere ancora per valutarne i primi risultati.  E la mancanza dei beni di consumo e medicine continua a incidere pesantemente nella popolarità del governo.

Pesa come un macigno il prezzo del greggio venezolano, che si mantiene stabile ma su valori lontani anni luce da quelli dello scorso anno. E non mostra tendenza alcuna a voler risalire la china. Senza le risorse petrolifere, e pur rivedendo i programmi di solidarietà e di finanziamento offerti ai paesi di Petrocaribe e non solo a questi, l’economia del Venezuela naviga in acque burrascose. L’industria privata, ormai, produce solo il necessario per non chiudere definitivamente, mentre tra le tante aziende promosse e finanziate dallo Stato, solo poche sono realmente produttive. Sono per lo più piccole cooperative,  insufficienti a soddisfare il fabbisogno della società.

A differenza di altri paesi, tra cui anche l’Italia, il problema del Venezuela non è il potere d’acquisto ma la mancanza di un settore produttivo avanzato. L’importazione dei beni, ieri, non aveva come sfondo lo stimolo alla concorrenza ma la sostituzione dell’industria privata. E oggi, è proprio quell’industria privata che, aiutata da un giro di vite nelle decisioni economiche, potrebbe rappresentare il salvagente per il governo. Quanto denunciato dai manager di aziende  spagnole in Venezuela – leggasi, Zara, Repsol, Air Europa, Iberia e via dicendo – non aiuta. La minaccia di esproprio, anche se messa sul piatto di discussione in maniera velata e prudente come un guanto di seta, rappresenta non certo uno stimolo per gli investimenti stranieri. Il Paese è un terreno fertile per gli investimenti ma anche un campo minato.

Intanto la nostra Collettività attende con ottimismo moderato l’arrivo della delegazione di Senatori presieduta da Claudio Micheloni. La missione del Senato arriva in un momento politicamente tanto interessante quanto complesso. Tanti i problemi della collettività. Alcuni sono di vecchia data e ancora irrisolti, come ad esempio quello degli espropri. Altri invece sono determinati dalla quotidianità, come quello dei pensionati che, per motivi di convenienza politica e contabile del Venezuela, oggi si trovano a essere doppiamente castigati. Castigati da un’inflazione che alla fine dell’anno si teme superi il 100 per cento; e dall’Inps che, per i propri calcoli, prende come riferimento il “dollaro ufficiale”, quello a 6,30 bolìvares, che non rispecchia, come sicuramente avranno comunicato opportunamente in Italia Consolato e Ambasciata, la realtà del paese e il caro-vita.

(di Mauro Bafile/Voce)