Siria, appello della Croce Rossa: aiuto ai civili, muoiono di fame

 

Syrian refugees in Jordan

BEIRUT. – “Decine” di persone morte di fame. Civili che sopravvivono mangiando erba, anziani e bambini senza assistenza sanitaria. E’ questa la situazione nel campo palestinese di Yarmuk, alla periferia di Damasco, diventato “simbolo della disperazione e della violenza” in un Paese dilaniato da quasi quattro anni di guerra civile. E’ quanto afferma Francesco Rocca, presidente della Croce rossa italiana e vice presidente della Federazione internazionale della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, tornando a chiedere ancora una volta a tutte le parti in conflitto di garantire l’accesso per gli aiuti umanitari alle popolazioni che soffrono, a Yarmuk e in qualsiasi altra parte della Siria. Yarmuk, a pochissimi chilometri dal centro di Damasco, e’ da poco piu’ di due anni assediato dalle truppe lealiste e palestinesi fedeli al regime siriano, mentre all’interno resistono forze ribelli e palestinesi loro alleate. Nel campo vivono ancora 18.000 civili. “E’ necessaria una tregua – dice all’ANSA il presidente della Croce Rossa, a Beirut per una conferenza – ma non di poche ore, bensi’ di almeno una settimana per potere valutare la situazione e adottare le misure necessarie”. Lo stesso, aggiunge, sarebbe necessario nelle tante localita’ del Paese in cui i civili sono intrappolati dai combattimenti. “Tregue umanitarie sono state possibili in diversi sobborghi di Damasco. Questa e’ la strada da seguire”. Alle sofferenze dei civili esposti alla violenza dei combattimenti si aggiungono quelle degli sfollati. Una piaga di dimensioni bibliche che ha visto oltre la meta’ dei circa 21 milioni di siriani costretti a lasciare le loro case. Oltre tre milioni sono arrivati come profughi nei Paesi vicini: Libano, Giordania, Iraq e Turchia. Piu’ di 7 milioni sono sfollati all’interno del Paese. “Spesso – sottolinea Rocca – vivono in case ancora in costruzione, senza servizi essenziali come l’acqua, esposti alle intemperie, con i bambini, che sono oltre la meta’, impossibilitati a frequentare la scuola e destinati a soffrire per tutta la vita a causa delle ferite psicologiche”. La Mezzaluna rossa siriana, che ha gia’ avuto 47 membri del suo staff uccisi, cerca di continuare a portare soccorso ai civili sia nelle aree sotto il controllo governativo sia in quelle divise tra una miriade di gruppi ribelli e jihadisti. Anche nei territori dell’Isis, dove operano volontari locali. Un’assistenza garantita anche ai cristiani, come ai sunniti e agli alawiti, assicura Rocca, anche perche’ gli stessi volontari appartengono alle diverse confessioni. “E’ impossibile”, afferma il presidente della Cri, che la Mezzaluna siriana non abbia assistito per una discriminazione religiosa i cristiani fuggiti dal Nord-Est del Paese, dove sono avvenuti i rapimenti degli ultimi giorni. Una risposta al vescovo siro-cattolico di Hassakah-Nisibi, Jacques Behnan Hindo, che all’agenzia Fides aveva denunciato il caso di famiglie assire fuggite che non avevano ricevuto aiuto, “forse perche’ cristiane”. “Come ha dimostrato in passato l’operato dalla Mezzaluna Rossa nella cittadina cristiana di Maalula – ha sottolineato Rocca – non esiste una discriminazione religiosa. Semmai il problema e’ quello di riuscire ad avere accesso alle popolazioni bisognose. E quando si esce dalle aree controllate dal governo, bisogna negoziare continuamente, un posto di blocco dopo l’altro, chilometro dopo chilometro”. “Questo – ha detto ancora – e’ quanto fanno quotidianamente, nel silenzio, i volontari sul terreno. E certe dichiarazioni sono pericolose, perche’ generano dubbi sulla neutralità dei nostri operatori”.
(di Alberto Zanconato/ANSA)