Il cerchio intorno ai paradisi fiscali si stringe sempre di più

Paradisi fiscali

ROMA. – Il cerchio intorno ai paradisi fiscali si stringe sempre di più. Ma se in Europa, e in gran parte del mondo ormai, la lotta contro l’evasione fiscale sta cominciando a dare risultati importanti (l’accordo Italia-Svizzera ne è un esempio lampante), qualche “irriducibile” rimane ancora. I Paesi del tutto restii ad adottare canoni di trasparenza e regole comuni sulla lotta all’evasione sono, secondo l’ultimo monitoraggio Ocse, 11, tra cui Panama, Libano, Guatemala e Micronesia. A valutare lo stato di apertura internazionale è stato il Global Forum, l’organizzazione nata nel 2001 inizialmente come gruppo di lavoro esclusivamente di Paesi Ocse e poi allargatasi anche a membri non appartenenti all’organizzazione parigina, ovvero a molti Paesi in via di sviluppo. In questi anni, il Forum ha lavorato alla definizione di parametri e standard di trasparenza fiscale, in uno sforzo che culminerà da qui al 2018 nello scambio automatico di informazioni tra molti Paesi aderenti. Il lavoro dell’Ocse e del Forum ha ispirato i recenti accordi stretti tra Italia, Svizzera, Montecarlo e Liechtenstein. E non a caso, nel rapporto appena pubblicato l’organizzazione riconosce proprio gli sforzi e gli impegni di Berna, che sta uscendo dall’elenco dei paesi considerati “black list” dalla comunità internazionale, accettando anche di adottare tra tre anni la procedura di scambio automatico. Il Global Forum ha completato 183 valutazioni giudicando la disponibilità di informazioni, la loro accessibilità e la possibilità o meno di scambio. Il monitoraggio avviene in due fasi: nella fase uno viene esaminata la cornice legale e regolatoria rispetto agli standard internazionali, nella seconda si valuta invece lo stato di implementazione pratica di questa cornice. Ed è proprio qui che emergono gli “irriducibili”, ovvero quei Paesi che, tra quelli presi in esame, non riescono a passare dalla fase uno alla fase due e che l’organizzazione definisce “giurisdizioni bloccate”. Sono in tutto 12: Brunei, Isole Marshall, Dominica, Micronesia, Guatemala, Libano, Liberia, Panama, Nauru, Svizzera, Trinidad e Tobago e Vanuatu. Negli ultimi mesi, riconosce però il rapporto, la Svizzera ha fatto degli importanti progressi ed è per questo in corso una nuova analisi più aggiornata che la porterà con ogni probabilità a superare il primo stadio. All’elenco vanno però in qualche modo aggiunti anche gli Stati che sono passati alla fase due, ma che proprio da questo esame risultano “non conformi” agli standard: si tratta di Isole Vergini Britanniche, Cipro, Lussemburgo e Seychelles.

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