Eder favola azzurra: “Parlino pure, io resto qui”

Bulgaria vs Italy

TORINO. – In nazionale il gol non parla più italiano. E non solo perchè l’ultima, provvidenziale rete porta la firma del pronipote di Battista Righetto, emigrante dello stato brasiliano di Santa Catarina che con la sua discendenza ha consentito a Eder di esordire e segnare subito con la maglia azzurra. ”Sono arrabbiato con me stesso, così non va”, ha ammesso nella notte di Sofia Simone Zaza, simbolo della nazionale ‘col fuoco dentro’, come diceva nei primi mesi Conte. Immobile gol all’esordio, Zaza subito dopo contro la Norvegia: poi più nulla, la coppia del gol della nuova Italia si e’ bloccata – come ieri contro la Bulgaria – e nel tabellino marcatori sono finiti difensori, centrocampisti o attaccanti di ‘riserva’ come Pellè e Okaka. Mentre il centravanti del Sassuolo contava i minuti senza marcature in nazionale, il suo collega della Samp ieri si godeva il momento: ”A chi dedico questo gol? A quelli che non vogliono gli oriundi in nazionale – le parole di Eder – Ma non ora basta con la polemica oriundi si’ oriundi no: tanto ci saranno sempre quelli che non li vogliono e quelli che sono felici. Mai dato dello stupido a Mancini, mai detto che l’Italia per me era un ripiego dal Brasile: questo Paese mi ha fatto crescere. Ora spero che questo sia solo il primo passo: in azzurro voglio tornarci per restare”. Non dimentica le sue origini, Eder Citadin Martins, un nome che sembra un destino scritto sul prato verde: Eder come l’asso del Brasile ’82 che Paolo Rossi fece piangere, Citadin come quello che e’ scritto sul passaporto italiano preso cinque anni fa. Le sue origini, certo, sono a Lauro Mueller, paesino di 13 mila anime. Ma anche in Italia, nella Genova sampdoriana che lo ha consacrato e ancor prima a Frosinone, dove il piccolo attaccante dal destro vellutato si affermò dopo essere stato portato in Italia da Corvino a soli 19 anni. ”Grazie di tutto, mi avete fatto crescere e diventare un uomo”, il primo sms inviato dall’oriundo di Conte al rientro in Italia, questa notte alle 5: era per ‘Schizzetto’, storico magazziniere della squadra ciociara col quale Eder amava andare a mangiar pesce a Terracina – la sua vera passione – e al quale non smetteva di ricordare ‘la domenica a messa, mi raccomando’. Ieri ha fatto uno strappo al suo tradizionale modo di esultare, le dita e lo sguardo al cielo per ringraziare Dio, ed è volato in panchina ad abbracciare Conte. Ci voleva forse la leggerezza brasiliana di Eder, per superare quel blocco mentale che grava sulle punte della nazionale. ”Io il peso di questa maglia me lo sono tolto alla prima – diceva Zaza – Però ora non e’ un gran momento, e ne voglio uscire”. Più cattiveria, ha chiesto Conte, e forse pensava all’incredibile colpo di testa buttato fuori da Immobile nel primo tempo. Invece, palla a Eder, controllo, girata e destro morbido: semplice, no? Forse, semplicemente brasiliano.

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