In Venezuela dopo il weekend pasquale si pensa alle scadenze internazionali

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Prospero. Se non proprio opulento almeno florido. Certamente, non nella spirale di una crisi preoccupante. Questa l’immagine trasmessa indirettamente dall’abile propaganda politica del presidente Maduro attraverso i mass-media governativi e filo-governativi; un’immensa rete di radio, televisioni, quotidiani e riviste. Come nell’amore, anche in politica ogni stratagemma è valido. Specialmente se la popolarità del capo dello Stato e del governo è ai minimi storici.

E così, ministri, viceministri ed esponenti del “chavismo”, hanno preso spunto dalle migliaia di venezuelani che nel weekend di Pasqua si sono recati al mare o in montagna per dimenticare i problemi della quotidianità – che sono tanti -, per ripetere all’unisono che il turismo interno, quest’anno, è stato superiore a quello di altri anni. E ciò, ovviamente, è espressione di benessere.

Elìas Jaua, presidente della “Corporaciòn de Desarrollo de la Cuenca del RìoTuy Francisco de Miranda (Corpomiranda)” ha informato che le spiagge e i luoghi turistici dello Stato Miranda hanno ospitato 975 mila vacanzieri. Un incremento del 71 per cento, se questa cifra si compara con quella dello scorso anno. E ha affermato che a nulla è valso l’impegno di chi ha fatto di tutto per evitare che i venezuelani avessero un meritato riposo durante le vacanze di Pasqua.

Città vuote, spiagge colme di villeggianti; strade inusualmente poco trafficate nelle metropoli, traffico allucinante nei piccoli centri turistici.

E’ vero. Non c’è alcun dubbio. Il venezuelano ha approfittato del weekend di Pasqua per recarsi al mare o in montagna. Le località preferite, come al solito, l’Isola di Margarita, il “paramo” di Merida, “los Mèdanos” dello Stato Falcòn, ma anche le spiagge prossime alla capitale o i fiumi sparsi per il Venezuela. La recessione, vera o presunta, non ha scoraggiato i venezuelani. Il turismo “autoctono” è cresciuto. E, l’hanno gridato ai quattro venti ministri, vice-ministri ed esponenti del “chavismo”, che di crisi non vogliono assolutamente sentir parlare ed evitano accuratamente d’affrontare anche altri argomenti, come ad esempio i disagi che i villeggianti hanno dovuto affrontare.

Alcuni conosciuti, altri inediti. Non ci riferiamo naturalmente alle difficoltà per trovare un posto in un autobus, né dei ritardi ormai diventati cronici dei voli nazionali; neanche delle strade, superstrade e autostrade dissestate con veri e propri crateri che obbligano a gincane da follia, ma delle imbarazzanti complicazioni una volta in hotel. Mancanza d’acqua, interruzioni nel servizio elettrico, insufficienza di carta igienica, colazioni senza caffè, latte o te e menù rabberciati alla meno peggio e adattati ai prodotti reperibili nel mercato. Alcuni hotel, i più avveduti e attenti hanno informato opportunamente gli ospiti, al momento della prenotazione, dei disagiai quali potevano andare incontro. Altri, no.

Il turismo nazionale è aumentato e non possiamo che rallegrarcene. E ciò è merito anche del governo che ha messo tanti venezuelani in condizione di villeggiare grazie al denaro distribuito attraverso le varie “Misiones”. Ma è giusto segnalare che, di fronte all’impossibilità di reperire un posto nei pochi vettori che ancora fanno scalo in Venezuela e a causa dei prezzi scandalosamente elevati dei biglietti aerei, sono stati pochissimi i venezuelani che si sono potuti recare all’estero. Barbados, Punta Cana, Curacao e le altre isolette dei Caraibi, quest’anno, sono state disertate dai vacanzieri “criollos”. E ciò è segnale di crisi.

Non tutta la politica è andata in vacanza a Pasqua. L’opposizione prosegue la sua corsa verso le primarie. La campagna elettorale dei candidati a rappresentare l’“antichavismo” e la proposta di cambiamento pur non essendo ancora entrata nel vivo ha già assunto toni accesi. Gli animi cominciano ad infiammarsi e probabilmente, una volta conclusa la campagna elettoralee conosciuti i risultati, i leader della “Mesa de la Unidad” dovranno impiegare tutta la loro capacità diplomatica e di persuasione per evitare pericolose scissioni; scissioni che potrebbero essere incoraggiate anche dal “chavismo”. “Divide et impera”.

D’altro canto, il presidente Maduro continua a ripetere la sua filastrocca contro le sanzioni. Un argomento che ha fatto leva sul nazionalismo, un sentimento facile da alimentare. Così, sanzioni contro alcuni funzionari ed ex funzionari del governo, accusati di presunte violazioni dei Diritti Umani e di corruzione, sono state recepite dal venezuelano comune, grazie all’abile propaganda del Governo, come un’aggressione all’autonomia e indipendenza nazionale. E trasformata nella fantasia dell’uomo qualunque nella lotta tra David e Golia.

Nessun accenno da parte del governo alla necessità di reperire la valuta necessaria non solo a soddisfare il fabbisogno nazionale ma anche a garantire il rispetto degli impegni internazionali – leggasi, scadenza delle obbligazioni di Stato per circa 11 miliardi di dollari -. A ricordare che il paese è sull’orlo del default è però Ecolatina, società di consulenza aziendale argentina, che ha espresso preoccupazione e perplessità sulla capacità finanziaria del paese che dovrà far fronte quest’anno ad importanti scadenze. Dopo aver segnalato che la spirale dell’inflazione è conseguenza diretta dell’emissione senza precedenti di moneta – leggasi, ‘cartalismo’ -, e della carenza di prodotti sul mercato che esercita pressione sui prezzi, la società di consulenza argentina fa presente che il governo del presidente Maduro dovrà da un lato trovare il denaro per pagare le importazioni di cui ha bisogno il paese, in un momento particolarmente difficile, e dall’altro reperire la valuta per rispettare le scadenze delle obbligazioni di Stato, calcolate in 11 miliardi nel 2015. La crisi del Venezuela alimenta i rumori di default, più volte smentiti dal governo e interpretati dal presidente Maduro e da esponenti del “chavismo” come espressione di una “guerra economica” combattuta senza esclusione di colpi.

Se sia vero o no quel che afferma il governo si saprà già dall’inizio del prossimo semestre, quando il Venezuela dovrà pagare circa 5 miliardi di dollari. Come per i capitani di impresa, anche per i governi la capacità di gestione si dimostra nel saper superare gli ostacoli non nei momenti di prosperità e crescita economica ma in quelli di crisi e profonda recessione.

(Mauro Bafile/Voce)

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