Fmi avverte: periodo di crescita lenta, non torna pre-crisi

FMI, CON SINDACATO PIÙ DEBOLE, RICCHI SEMPRE PIÙ RICCHI

NEW YORK. – La crisi non ha solo fatto crollare l’economia globale. Ne ha anche ridotto il potenziale di crescita, che ”non tornerà ai livelli pre crisi almeno nel medio termine”. Con effetti sui conti pubblici perchè un potenziale ”più basso renderà più difficile mantenere la sostenibilita’ di bilancio”. A mettere in guardia su un periodo di bassi tassi di crescita è il Fondo Monetario Internazionale (Fmi), riaccendendo i timori per quella che molti economisti definiscono ‘stagnazione secolare’. L’invito del Fmi è quindi quello di trovare nuove strade per stimolare la domanda, quali investire nelle infrastrutture, aumentare la partecipazione della forza lavoro e ridurre le barriere per le imprese. ”Le aziende hanno reagito alle vendite deboli riducendo le spese di capitale. Uno sforzo politico ampio per aumentare la produzione contribuirebbe a un incremento degli investimenti privati” afferma il Fmi, sottolineando che gli investimenti fissi privati sono calati in media del 25% rispetto alle previsioni pre crisi. Una contrazione ”sintomo del debole contesto economico” ma legata anche di vincoli finanziari e alle incertezze politiche che hanno limitato gli investimenti, soprattutto nel sud Europa. Proprio in Ue, però, sembrano esserci segnali positivi: l’indice Pmi composito dell’area euro, che monitora l’attività manifatturiera e dei servizi, è salito in febbraio a 54, ai massimi dall’aprile 2014, con l’Italia a 52,4, ai livelli più alti da otto mesi. ”Aumentare la crescita potenziale è una priorità” afferma il Fmi, imputando all’invecchiamento della popolazione e alla lenta ripresa dell’accumulo di capitale” il calo del pil potenziale. Il potenziale di crescita nelle economie avanzate è calato da leggermente sotto il 2% nel periodo pre-crisi (2006-2007) a circa l’1,5% nel 2013-2014. E anche se tornerà a salire leggermente, da una media dell’1,3% nel 2008-2014 all’1,6% del 2015-2020, resterà ben al di sotto dei livelli pre-crisi (2,25% nel periodo 2001-2007). Analoga la situazione nelle economie emergenti. Da qui l’invito alla politica ad agire, sostenendo la domanda e portando avanti le riforme strutturali.
(di Serena Di Ronza/ANSA)

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