Sotto il “livello di guardia” le Riserve Internazionali in Venezuela

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Non non ha destato sorpresa, perché atteso. Semmai un sospiro di sollievo. Il copione, e la tradizione, sono stati rispettati. Il presidente della Repubblica, NicolàsMaduro, ha decretato il consueto aumento del salariominimo. Il suo annuncio, fatto in occasione di un nuovo anniversario della Festa dei Lavoratori, è stato condito dall’ennesimo attacco verbale sferrato contro l’impresa privata, o a quel che resta di essa. E, una volta ancora, gli imprenditori sono stati accusati di essere i responsabili della presunta “guerra economica”all’origine, ha posto l’accento il capo dello Stato, della crisi che vive il Paese. Il Fondo Monetario Internazionale, ma anche la Cepal, prevedono quest’anno una contrazione del Prodotto Interno Lordo del 7 per cento.

Tanti gli slogan,tante le dichiarazioni roboanti, come sempre accade nelle commemorazioni dei grandi avvenimenti storici, ma nessun annuncio concreto se non quello dell’aumento dei salari. Il 30 per cento decretato dal capo dello Stato, pur rappresentando una percentuale rilevante, ha fatto tirare un sospiro di sollievo ai pochi imprenditori che ancora resistono alla crisi. Infatti, s’inseguivano con insistenza, nei corridoi dei ministeri dell’Economia, voci di un incremento dei salari di oltre il 60 per cento. Un tasso questo che avrebbe obbligato molte aziende, in particolare le più piccole, ad abbassare le saracinesche e a chiudere definitivamente le porte.

Stando ad alcuni analisti politici, comunque, l’aumento dell’altro 30 per cento sarebbe stato solo rimandato. Due le ragioni: il governo, essendo oggi il maggior datore di lavoro, si sarebbe trovato in grosse difficoltà, visto che l’incremento decretato questo Primo Maggio coinvolge tutta la scala salariale del pubblico impiego; il presidente Maduro si sarebbe voluto riservare unasso nella manica, il coniglio da tirar fuori dal cappello in prossimità delle elezioni parlamentari. Insomma, un provvedimento fatto “ad hoc” per sorprendere positivamentel’elettorato.

Nonostante l’annuncio del presidente della Repubblica, che nei prossimi giorni e settimane sarà tema di analisi per economisti ed esperti in materia che cercheranno dianalizzarne le conseguenze e di trasformare in numeri concreti quel 30 per cento annunciato, la notizia dell’importante diminuzione delle Riserve Internazionali non è passata inosservata. Queste non avevano mai raggiunto livelli così bassi. E solo in contate occasioni erano scese sotto i 20 miliardi di dollari. In Venezuela si ritiene che il livello ottimo di Riserve Internazionale equivalga ad almeno sei mesi di importazioni; un livello questo che permetterebbe al paese di affrontare senza affanni shock esterni e agarantire l’equilibrio tra valuta pregiata e moneta nazionale.

L’ultima volta che le Riserve Internazionali erano scese sotto il “livello di guardia” era stato il 7 ottobre dello scorso anno. Allora, per la prima volta dal 24 ottobre del 2003, erano state inferiori ai 20 miliardi. A essere precisi, 19 miliardi 928 milioni. Ma erano ancora recenti gli echi dello sciopero generale di cui si soffrivano ancora le conseguenze. Altrettanto recenti erano gli strascichi del fallito colpo di Stato contro l’estinto presidente Chávez.

Le Riserve Internazionali, essenzialmente depositi in oro e valuta pregiata custoditi nei forzieri delle banche Centrali e di altre autorità monetarie, rappresentano lo stock delle attività finanziarie. In altre parole, sono le risorse di cui dispone la Banca Centrale per dare garanzia ai passivi. Ad esempio, a protezione della moneta locale emessa quando questa è a rischio di svalutazione.

Le nostre Riserve Internazionali, al 27 aprile, si calcolano in 18 miliardi 985 milioni di dollari. Se si comparano con i 22 miliardi 76 milioni di dollari che erano depositati nei forzieri della Banca Centrale, la riduzione è stata del 14 per cento. E del 28 per cento, se si paragonano con i 26 miliardi 376 milioni in possesso della Banca Centrale al momento in cui ha assunto la presidenza del Paese NicolàsMaduro.

La riduzione delle Riserve Internazionali potrebbe essere conseguenza della volontà del governo di accelerare l’assegnazione di valuta ad alcuni settori industriali, per l’importazione delle materie prime senza le quali non può produrre i beni essenziali dei quali ha bisogno il Paese; ma anche la necessità di affrettare l’importazione dei prodotti finiti che oggi sono assenti nei supermarket e generi alimentari.

Stando alla confessione di capitani d’azienda, l’industria privata starebbe “bruciando” le riserve di materie prime in magazzino. Insomma, lo “stock” che ogni industria ha per affrontare eventuali momenti di difficoltà. Ciò non sarebbe un problema, se si avesse la sicurezza di poterlo“ricostituire”. Ma oggi sicurezze non ve ne sono. L’elevato costo della valuta pregiata nel mercato parallelo non lo rende possibile e la rilevante riduzione del prezzo del greggio ha ridotto lo spazio di manovra del governo. Con un barile di petrolio che oggi si vende alla metà del prezzo dello scorso anno, le risorse del Paese, che dipendono in un 95 per cento dalle attività petrolifere, si sono ridotte drammaticamente.

Le difficoltà economiche, la mancanza di risorse hanno conseguenze importanti sulla qualità di vita del venezuelano. Qualche settimana fa, in Europa fu lanciato “l’allarme Grecia”. Si evocò lo spettro di una “crisi umanitaria” perché nelle farmacie cominciavano a scarseggiare anti-dolorifici, farmaci anti-infiammatori, antibiotici, insulina e vaccini. In Venezuela, non solo mancano queste medicine da ormai troppo tempo ma anche altre forse meno importanti ma ugualmente necessarie: antiacidi, digestivi, sciroppi contro la tosse, pasticche contro il dolore di testa o la semplice influenza. Addirittura, scarseggiano gli anticoncettivi e i preservativi, questi ultimi unica difesa contro le malattie veneree o l’Aids. Il presidente della Federazione dei Medici del Venezuela, LeónNatera, ha inoltre denunciato recentemente che dal 2003 a oggi sarebbero emigrati, nella speranza di un miglior livello di vita, ben 10 mila 300 medici. Di questi, circa 7300 erano impiegati negli ospedali pubblici del Paese. Una fuga di capitale umano inestimabile. Quindi, si potrebbe affermare che come la Grecia, anche il Venezuela soffre una “crisi umanitaria”.

Se le difficoltà economiche sono motivo di grande preoccupazione per i venezuelani, indistintamente dal ceto sociale al quale appartengono,nell’ambito politico si ha l’impressione che l’attenzione stia scemando. Un fenomeno che potrebbe attribuirsi alle primarie dell’Opposizione. Questa appare oggi distratta e, soprattutto, più preoccupata a evitare strappi nelle proprie file, consapevole che questipotrebbero derivare in divisioni che ripercuoterebbero negativamente sulle prossime parlamentarie. A mantenere alta l’attenzione nell’ambito politico, comunque, è l’ex premier spagnolo Felipe Gonzàlez, che ha annunciato un suo prossimo viaggio in Venezuela.

L’ambasciatore spagnolo, Antonio Pèrez-Hernandez, è tornato in Venezuela per ricevere l’ex premier socialista. Le buone relazioni tra la Spagna e il Venezuela dipenderanno essenzialmente dal comportamento del governo del presidente Maduro. Se il suo atteggiamento sarà tollerante, come tutti si attendono, allora la diplomazia potrà ricucire lo strappo provocato dalle dichiarazioni del presidente Maduro nei confronti dell’ex Capo di Governo spagnolo e dell’attuale dirigenza. In caso contrario, è probabile che ci sia un “raffreddamento” se non una rottura definitiva. L’ex premier socialista, comunque, ha già annunciato che nel caso non gli sia permesso l’ingresso al Paese e la difesadei politici in prigione in Venezuela, s’impegnerà a perorare la causa di López e di Ledezma nelle assisi internazionali.

(Mauro Bafile/Voce)

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