Giro d’Italia: si alza il sipario. L’Italia punta su Aru

2014, Giro d'Italia, tappa 15 Valdengo - Montecampione, Astana 2014, Aru Fabio, Montecampione

ROMA. – Il novantottesimo Giro d’Italia di ciclismo è pronto a spiccare il volo dalla Riviera dei fiori. Nel regno della classicissima di primavera, nello stesso palcoscenico dove sono state scritte pagine epiche di ciclismo, verrà assegnata la prima maglia rosa dell’edizione numero 98 della corsa a tappe. C’è grande attesa nella città del Festival della canzone italiana, dove musica e ciclismo si fondono, formando un connubio affascinante e oltremodo seducente.

La musica che accompagna l’overture del Giro 2015 è abbastanza rock. Non troppo, però. Più che hard somiglia a un brano progressive. Per il semplice fatto che, in questa edizione della corsa di Rcs, mancano alcuni mostri sacri (Chris Froome, Enzino Nibali, Nairo Quintana), ma ce ne sono altri che potrebbero entrare nella storia (Alberto Contador). Il Giro sembra ruotare proprio attorno al castigliano, che indossa i panni scomodi di favorito e che presto si trasformerà in punto di riferimento per i compagni come per gli avversari. L’alfiere della Tinkoff-Saxo pensa al ‘doblete’ Giro-Tour, ma sarà durissima. Le sue ambizioni stridono con la concorrenza, la carta d’identità e l’imponderabile.

“Per me è importante essere al Giro come al Tour: è importante per fare bene al Giro – ci tiene a sottolineare Contador, che di rosa si è già vestito nel 2008, a Milano -. Temo tutti allo stesso modo, nella corsa per la vittoria finale, ma in particolare Uran, Porte e Aru. L’australiano è in gran forma, al Giro del Trentino si è dimostrato molto forte, e Aru ha preparato molto bene la propria avventura al Giro. Dove penso che mi attaccheranno? No, scusate, sarò io a dover attaccare gli altri. Ho più esperienza rispetto all’ultimo Giro, per il resto non è cambiato nulla. Credo di essere migliorato rispetto al passato”.

Aru si dice “fiducioso” e “motivato”, pronto a “dare il massimo”, Richie Porte scalpita, perché vuole lasciare il segno. Riuscire dove illustri predecessori (Wiggins) hanno fallito “Per vincere bisognerà essere bravi in tutti e 21 i giorni – confessa l’australiano – e questa non è una cosa facile. Questa per me è la più bella gara del calendario. Sono passati alcuni anni e sono più maturo adesso, come uomo e come corridore, rispetto a quando presi parte per la prima volta al Giro”.

La cronometro di domani è solo una formalità, un modo per aprire i giochi e scegliere il primo uomo in rosa. Nessuno vorrà scoprire le proprie carte, spazio agli outsider e alle squadre più affiatate, in grado di esibire sincronismi perfetti, al fine di condurre almeno cinque uomini – in gruppo – sul traguardo (il tempo verrà preso sul quinto uomo all’arrivo). Una breve ma intensa corsa contro il tempo, tutti insieme appassionatamente in cerca di una piccola fetta di gloria, a pochi chilometri dal Poggio, la salita-discesa che ha reso leggendario il ciclismo a cavallo di due secoli.

L’ultima cronosquadre d’apertura del Giro si è disputata l’anno scorso a Belfast (vittoria dell’Orica greenedge), quest’anno la storia continua forse con altri protagonisti. “Poche chiacchiere e menare”, amava ripetere Felice Gimondi, uno che di pedali se ne intende.

(dell’inviato Adolfo Fantaccini/ANSA)