Al Senato la presentazione del Dizionario delle Migrazioni italiane nel mondo

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ROMA – È stato presentato nei giorni scorsi nella Sala Caduti di Nassiriya del Senato della Repubblica a Roma il Dizionario delle Migrazioni italiane nel mondo, iniziativa voluta dal presidente del Comitato per le questioni degli italiani all’estero del Senato, Claudio Micheloni, eletto per il Pd nella ripartizione Europa, per sollecitare l’inserimento del tema nelle materie di insegnamento delle scuole italiane, componente importante della storia nazionale ma anche vettore di un sguardo più consapevole nei confronti dei flussi migratori attuali.

Aprendo i lavori, Micheloni ha ricordato come la promozione dell’insegnamento della storia dell’emigrazione italiana nella scuole fosse già stato inserito nelle linee programmatiche stilate con la costituzione al Senato del Comitato che oggi presiede e come sia “tema di cui ancora di più oggi avvertiamo l’urgenza, dopo alcuni anni di esperienza parlamentare”. Per Micheloni, infatti, “il problema che abbiamo oggi è che non vi è più memoria del fenomeno nel nostro Paese, mentre negli anni Settanta esso era una questione nazionale, di rilievo per l’economia – aggiunge – ed esisteva un dialogo tra persone, dentro e fuori i confini nazionali, che si sentivano di appartenere ad una comunità con lo stesso destino”.

“Quando invece oggi solleviamo i temi che ci riguardano più strettamente in Parlamento veniamo guardati con stupore, ci si fa notare la fortuna che abbiamo di vivere all’estero. Saremo anche fortunati – aggiunge l’esponente democratico, – ma continuiamo a pensare che anche chi è emigrato all’estero fa parte della comunità nazionale e costituisce una risorsa per il Paese, nonostante questo sia termine sia stato grandemente abusato”.

Per Micheloni la conseguenza di questa miopia nei confronti dell’emigrazione è “l’azzeramento delle politiche rivolte ai connazionali cui abbiamo assistito in questi anni”, una miopia che i parlamentari eletti all’estero cercano tuttavia di contrastare, anche – sottolinea il presidente del Comitato – con iniziative come quella di oggi. Annunciata inoltre per il 19 maggio prossimo un’audizione al Comitato del ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, che, “prima di diventare ministro era membro del nostro Comitato – ricorda Micheloni – ed ha sempre dimostrato sensibilità alla questione di cui oggi parliamo”.

Presente anche il direttore generale per gli Italiani all’estero e le Politiche migratorie del Maeci Cristina Ravaglia, che ha ribadito come sia importante “mantenere la memoria della nostra emigrazione in tutti i modi, a partire da quello simbolico, rappresentato – ha ricordato – dal Museo dell’emigrazione al Vittoriano, luogo che dimostra proprio come l’emigrazione sia componente fortissima della nostra identità nazionale”. Per Ravaglia inoltre si tratta di una storia che “ci aiuta ad essere più obiettivi con quanto succede oggi in Italia, con gli sbarchi che si susseguono sulle nostre coste”.

“Non dobbiamo dimenticare il passato e cosa abbiamo vissuto, le storie di moltissimi connazionali che hanno ricominciato in nuovi Paesi da zero, a volte vivendo storie straordinarie che con piacere mi accorgo cominciano ad essere riproposte e ad attirare l’attenzione anche della nostra stampa nazionale – afferma Ravaglia, che si augura che opere come quella del Dizionario vengano adottate nelle scuole per meglio comprendere non solo la nostra storia, “ma anche una realtà nuova, quella del nostro Paese come terra di immigrazione”.

Ad illustrare il Dizionario Tiziana Grassi, direttore del progetto, che ha spiegato come l’idea sia nata dalla sua esperienza di servizio pubblico a favore delle collettività all’estero maturata come autrice a Rai International, un servizio che oggi prosegue con Rai Italia e con la promozione dell’informazione “di ritorno”, ossia la proposizione di programmi che vedono protagonisti i connazionali all’estero anche sulle reti nazionali (l’anno scorso su Rai Scuola, quest’anno – segnala Grassi, ringraziando l’attuale direttore Piero Corsini per l’iniziativa – su Rai Tre).

“Il Dizionario, che si compone di 700 lemmi messi insieme in circa 6 anni di lavoro – prosegue la giornalista, – ha scopo divulgativo e scientifico, ma la sua ricchezza non può prescindere dal sostrato dato da una conoscenza diretta ed empatica del fenomeno, necessaria per un approfondimento della materia che pone al centro la persona e ripercorre il vissuto di 27 milioni di italiani attraverso un’ottica multidisciplinare”. Un’ottica che consente di cogliere alcune “costanti” dell’esperienza umana della migrazione, rappresentante da parole come solitudine, coraggio, spaesamento, resilienza, etc.

“Non dobbiamo dimenticare che chi parte subisce tre lutti: il distacco della madre patria, il distacco dalla madre e dalla famiglia di origine e, infine, quello dalla lingua madre – afferma Grassi, che si augura il Dizionario possa divenire “strumento per alfabetizzare la coscienza collettiva, per riflettere su chi siamo, sulla nostra memoria e la nostra identità”. L’importanza della memoria come strumento che “vivifica il nostro presente” è stata richiamata anche da Concetta Mirisola, direttore generale dell’Istituto nazionale per la promozione della salute e delle popolazioni migranti e per il contrasto della povertà, che ha richiamato i grandi numeri dell’esodo nei primi del Novecento e le parole, i pregiudizi che spesso i giornali locali riportavano nei confronti dei nostri emigrati, espressioni – ha rilevato – molto simili ad alcuni discorsi che sentiamo risuonare oggi, sui migranti che arrivano sulle nostre coste o sugli stranieri che hanno deciso di vivere in Italia.

Si è poi soffermata sull’attività dell’Istituto, che contrasta malattie determinate soprattutto dalla povertà e non invece epidemie più temute, come quelle di ebola, i cui casi – segnala – non sarebbero potuti approdare in Italia viste le difficili e spesso lunghe tempistiche della traversata per mare. L’Istituto poi, con mediatori culturali ed antropologi, “non si limita alla tutela della salute del migrante”, perchè “l’accoglienza ha al centro la cultura della persona e non quella dello scarto – conclude, citando le parole di Papa Francesco in proposito.

Flavia Cristaldi, docente di Geografia delle migrazioni all’Università Sapienza di Roma, sottolinea il ruolo del territorio e le trasformazioni che esso subisce con le partenze – un depauperamento, nel caso di forza lavoro giovane, con l’abbandono delle campagne – e anche con gli arrivi, “perchè i connazionali spesso sono stati portatori di una sapienza preziosa, legata alla terra e alla coltivazione dei campi, che hanno cercato di riproporre nei luoghi in cui si sono trasferiti”. A testimonianza di ciò il testo “Nel solco degli emigranti. I vitigni italiani alla conquista del mondo” curato dalla stessa Cristaldi e presentato alcuni giorni fa al Vittoriano. Un tema, dunque, quello del territorio, strettamente legato alla storia dell’emigrazione e i cui diversi aspetti riflettono la poliedricità dell’argomento e andrebbero insegnati di pari passo con quest’ultimo.

Altra curatrice del testo richiamato anche Delfina Licata, coordinatrice scientifica dl Dizionario, che ha segnalato il legame dell’opera con il Rapporto sugli Italiani nel mondo curato dalla Fondazione Migrantes, da lei stessa curato. “Il Rapporto nacque dall’idea di sensibilizzare, attraverso il racconto e l’analisi della presenza italiana all’estero, all’accoglienza nei confronti degli immigrati nel nostro Paese. Abbiamo però scoperto – rileva – una tale ricchezza dell’emigrazione italiana di cui ci stupiamo ad ogni nuova edizione”.

Tra i tratti caratterizzanti il Dizionario Licata evidenzia la “coralità” del punto di vista ottenuta con la partecipazione di moltissimi studiosi alla stesura delle diverse voci, studiosi che “hanno messo in rete le loro competenze” contribuendo così alla “multidisciplinarietà” del volume. Una priorità, quella del coinvolgimento di un grande numero di studiosi, che ha arricchito il Dizionario ma reso estremamente difficile il lavoro di coordinamento del materiale, una sistemazione che anche rispetto ai lettori ha voluto conservare la sua pluralità, orientandosi su studiosi, specialisti della materia, studenti ma anche i protagonisti stessi di questa epopea migratoria in continuo divenire.

L’apertura al futuro è infatti ciò che secondo Licata dimostra “la modernità dell’opera”: “anche quando il testo richiama e ripropone fatti, numeri, storie dell’Ottocento o di altri periodi storici, lo sguardo è sempre orientato all’oggi, alla comprensione dei fenomeni attuali, ad una traiettoria tesa all’approfondimento di ciò che sta avvenendo e allo stesso tempo aperta al futuro – afferma Licata, sottolineando anche come elemento imprescindibile del lavoro sia “l’apertura all’altro”. “Non ci si piò avvicinare realmente ad un fenomeno come quello delle migrazioni senza la sensibilità nei confronti dei protagonisti – conclude la coordinatrice, evidenziando così come si sia configurato “uno modo diverso di lavorare e di studiare” che si augura possa essere ben accolto dalle giovani generazioni.

(Viviana Pansa/Inform)

 

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