Reddito minimo: Cei, l’assistenzialismo non serve

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ROMA. – La disoccupazione non si combatte con l’assistenzialismo ma le persone vanno piuttosto “accompagnate” verso una occupazione vera. Per questo “l’assistenzialismo non serve” e “mai gli aiuti debbono essere dati” con la finalità di “non fare niente”. Questo vale anche per i giovani che debbono essere sostenuti nel realizzare i loro sogni, magari con prestiti bancari facilitati.

E’ la posizione della Cei sul reddito minimo, di cui si discute in questi giorni in Parlamento. A parlare è monsignor Giancarlo Bregantini, vescovo di Campobasso e per anni responsabile della Commissione episcopale sui problemi del lavoro. Il presidente della Commissione Lavoro del Senato, l’ex ministro Maurizio Sacconi, sottolinea che l’impostazione della Cei è “assolutamente condivisibile”.

“Accompagnare: la parola che il Papa ha detto a noi vescovi, la diciamo alla società”. Accompagnare alla formazione, ad un lavoro, evitando “progetti di assistenzialismo”. Il reddito minimo “ma anche la cassa integrazione non devono essere mai finalizzati a fare niente”. Lo dice all’Ansa mons. Bregantini dopo l’audizione in Senato. “Bisogna fare in modo – spiega il vescovo – che ci siano iniziative di sostegno per chi perde il lavoro, ma sempre finalizzate ad accompagnare, in modo che non si precipiti nel buco nero della povertà”.

E quindi il reddito di cittadinanza, di cui si discute in Parlamento, dovrebbe prevedere, “ulteriore formazione o anche servizi”. Il vescovo, che ha guidato diocesi ad alto tasso di disoccupazione, come Locri in Calabria, fa degli esempi concreti: “Per esempio, ci può essere un momento in cui una scuola ha bisogno di essere dipinta oppure può servire in una comunità chi pulisce le aiuole, o le strade. Si deve guardare al benessere dell’individuo ma anche a quello della società”.

Per Sacconi “sono assolutamente condivisibili le considerazioni espresse da monsignor Bregantini, che ha invitato ad evitare ogni forma di assistenzialismo e ad agire contro la povertà prevenendola nei luoghi ove si forma. Ogni risorsa pubblica non deve quindi ‘generare dipendenza o sudditanza’, come ha detto, ma deve essere al contrario orientata all’autosufficienza della persona. Egli ha opportunamente evocato quindi anche il sostegno alle forme di autoimpiego, responsabilizzando le banche locali, così come ha citato la cooperazione quale strumento con cui più persone, attraverso la mutualità, realizzano progetti che diventano fonte di reddito e non solo”.

“Condividiamo l’obiettivo di un’ipotesi di legge che vuole contrastare l’aumento della povertà delle famiglie. Eppure non dobbiamo garantire un reddito, ma un lavoro”: è l’opinione della Comunità Papa Giovanni XXIII, audita sullo stesso tema sempre dalla Commissione Lavoro di Palazzo Madama.

(di Manuela Tulli/ANSA)