Ocse: l’Italia penultima per occupazione giovani

Alcuni impiegati al lavoro in un ufficio pubblico

PARIGI. – L’Italia ha “uno specifico problema di disoccupazione giovanile, in aggiunta a uno più generale”. La diagnosi viene dall’ultimo ‘Skills outlook’ dell’Ocse (rapporto che studia le relazioni tra competenze e lavoro) che colloca il nostro Paese al penultimo posto per il tasso di occupazione giovanile, con il 52,79%, davanti alla sola Grecia (48,49%).

La percentuale di giovani che lavorano, rileva ancora l’organizzazione parigina, in Italia è scesa di quasi 12 punti percentuali (era del 64,33% nel 2007), un calo tra i più elevati nell’area Ocse, insieme alla citata Grecia (-23,9 punti),alla Spagna (-20,5) e all’Irlanda (-14,2). Cresce inoltre il numero di giovani under 30 che sono fuori sia dal mondo della scuola sia da quello del lavoro, i cosiddetti ‘Neet’ (not in education, employment or training), che nel 2008 erano il 19,15%, e ora sfiorano il 27%.

Un fenomeno sempre più diffuso nelle grandi economie occidentali, che a fine 2013 contavano oltre 39 milioni di questi giovani per cui è più elevato il rischio di uscita definitiva dall’occupazione. Le motivazioni di questa impennata hanno certo molto a che fare con la crisi e il picco di disoccupazione che ha generato, ma, argomenta l’Ocse, sono anche legati a problemi strutturali precedenti, e in particolare a un “condizioni sfavorevoli e debolezze nel mercato del lavoro, e nelle istituzione sociali ed educative”.

Tra questi emerge con sempre maggiore evidenza quello dell’adeguatezza delle competenze fornite dalla scuola e della loro corrispondenza con quanto richiesto dalle aziende. Su questo fronte, l’Italia è in testa alle classifiche Ocse per percentuale di giovani in età lavorativa e adulti con scarse competenze in lettura, rispettivamente il 19,7% e il 26,36%, secondo i dati del test del Programma per la misurazione delle competenze degli adulti (Piac) condotto nel 2012.

Non va molto meglio sul fronte delle competenze matematiche, in cui gli italiani sono primi per percentuale di ‘bad performers’ nella fascia d’età 30-54 anni (29,76%), e secondi in quella dei 16-29 anni (25,91%, dietro al 29,01% degli Usa). D’altra parte, tra i giovani italiani under 30 che hanno un lavoro oltre il 31% svolge compiti di routine, che non richiedono l’uso di competenze specifiche, e il 15,13% ha un’occupazione che comporta scarso apprendimento con l’esperienza, il cosiddetto ‘learning-by-doing’.

E’ inoltre particolarmente rilevante, la più elevata tra i paesi Ocse, la percentuale di giovani che non hanno alcuna esperienza nell’uso di computer sul posto di lavoro, al 54,3%.

(di Chiara Rancati/ANSA)