Pensioni: flessibilità per permettere la staffetta dei giovani

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ROMA. – Un meccanismo che elimini le rigidità della riforma Fornero ma che sia equo tra le generazioni e, soprattutto, che non rischi di sballare i conti pubblici. A confermare l’intenzione del governo di introdurre un po’ di flessibilità in uscita per spingere l’ingresso dei più giovani è il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti. Che ancora una volta, però, non si sbilancia sulle modalità con cui sarà portata avanti questa decisione “difficile”.

L’obiettivo, assicura, resta quello di consentire “una staffetta generazionale per connettere l’entrata di giovani nel processo produttivo all’uscita di chi è vicino alla pensione”, per agevolare quel ricambio chiesto anche dalle imprese. Parole che arrivano proprio nel giorno in cui l’Istat certifica che gli ultra cinquantenni ancora al lavoro sono aumentati in modo massiccio, 267mila in più nel primo trimestre di quest’anno rispetto al 2014. E i lavoratori coi capelli grigi, dice dell’istituto, sono ormai oltre 1 milione in più del 2010, grazie anche, appunto, alla stretta sulle regole previdenziali.

La soluzione che il governo punta a individuare da qui all’autunno, per inserire le misure in legge di Stabilità, “deve evitare di aggiungere elementi di iniquità nel rapporto tra le generazioni” dice il ministro in audizione alla Camera. E deve trovare il giusto punto di equilibrio tra un sistema che non sia “troppo oneroso” per chi sceglie di uscire in anticipo, altrimenti risulterebbe “disincentivante”, ma nemmeno troppo vantaggioso, altrimenti a risentirne sarebbero le casse dello Stato, perché si rischierebbe una “domanda esplosiva”.

Penalizzazioni, quindi, che è prematuro quantificare, mentre già arriva l’altolà della Uil: bene la flessibilità ma senza penalità, dice il sindacato guidato da Carmelo Barbagallo, perché i futuri pensionati già avranno assegni più leggeri perché legati ai contributi effettivamente versati. Certo l’altra via potrebbe essere quella di cercare all’interno del sistema pensionistico le risorse necessarie – ingenti all’inizio per il potenziale aumento degli assegni da pagare in anticipo ma via via ridotte perché le pensioni saranno in ogni caso più basse – attraverso un ricalcolo degli assegni già in essere (per la maggior parte legati invece alla retribuzione).

Ufficialmente l’esecutivo non si è ancora esposto su questa linea, anche se ormai si moltiplicano (ultimo lo stesso ministro Pier Carlo Padoan) le voci che condividono l’assunto che i “veri” diritti acquisiti – e quindi intoccabili – siano quelli legati ai contributi versati. E’ probabile, comunque, che per rilanciare il dibattito sul ricalcolo si attenda di vedere come sarà accolta la proposta in elaborazione all’Inps, che dovrebbe invece contenere indicazioni in questo senso.

Intanto a Montecitorio è partito l’iter per la conversione del decreto sull’indicizzazione delle pensioni dopo lo stop della Consulta, che ha superato il vaglio delle pregiudiziali tra le proteste delle opposizioni, dalla Lega al Movimento Cinque Stelle, che continuano a tacciare il testo di incostituzionalità e a parlare di governo che “calpesta i diritti”. Mentre la stessa Uil non esclude che si possa arrivare a una class action per ottenere per intero i rimborsi.

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