Medjugorje: i 35 anni del santuario, tra fede e business

Un gruppo di pellegrini scala il Krizevac, il monte della Croce, a Medjugorje

CITTA’ DEL VATICANO. – Un santuario discusso ma popolarissimo. Che vanta, nei suoi quasi 35 anni di esistenza, ben oltre i 50 milioni di pellegrini, con un numero impressionante di conversioni. Un flusso numeroso e costante di fedeli, che non si è interrotto neanche sotto i bombardamenti della guerra nell’ex Jugoslavia.

Un luogo, Medjugorje, che a partire dalle prime apparizioni della Vergine ai sei veggenti adolescenti il 24 giugno 1981, fattesi poi quotidiane, è diventato una delle mete di pellegrinaggi mariani più frequentate al mondo, pur senza il riconoscimento ufficiale della Chiesa.

Amato dalle masse cattoliche e anche da numerosi vip (tutti ricordano Paolo Brosio), il viaggio nella cittadina dell’Erzegovina resta per tutti un momento di grande suggestione. E anche motore di un grande business per i tour operator religiosi. Chi torna da Medjugorje, al di là dei molti dubbi sulla veridicità della apparizioni che circolano anche nella Chiesa, ne resta fortemente colpito.

E anche per questo essere un grande serbatoio di fede popolare, che non andava dispersa, le gerarchie cattoliche non hanno finora mai voluto esprimersi contro, nonostante vescovi locali spingessero in questo senso. Con l’asserito dialogo costante con la “Gospa” (la Signora) che i sei veggenti dicono di vedere a cadenza mensile, in questi decenni Medjugorje non ha ancora dissolto i dubbi se si sia in presenza di fenomeni soprannaturali o di suggestione.

Il nodo rimane infatti tutto da sciogliere, sospeso com’è tra il fenomeno di devozione popolare inarrestabile e il suo “status” per così dire informale di santuario. In più, luci e ombre si gettano sul santuario tra accuse di business, celebrità che vi si recano in pellegrinaggio e persino scandali come quello che nel 2009 ha portato alla cacciata, con le accuse di stupro ed eresia, del francescano Tomislav Vlasic, “padre spirituale” dei sei veggenti.

E’ dal 1981, quando sei ragazzini di uno sperduto paesino della Bosnia-Erzegovina raccontarono di apparizioni quotidiane della Madonna, continuate poi con cadenza mensile fino ad oggi (se ne conterebbero decine di migliaia, oltre 40 mila riferì già nel 2006 il vescovo di Mostar, mons. Ratko Peric), che Medjugorje è una vera e propria calamita per i fedeli.

Sul caso, il cardinal Ratzinger volle vederci chiaro già quando era a capo della Congregazione per la dottrina della Fede. Il verdetto fu cauto – “Non è accertato che i fenomeni siano soprannaturali” – ma tale da chiudere la porta al riconoscimento ufficiale del santuario a riprova della diffidenza che si coltivava a Roma. Poi, da Papa, nel 2010 l’istituzione della commissione di studio guidata dal cardinale Camillo Ruini, che ha lavorato per cinque anni (anche con incontri con una delle veggenti), fino alla consegna del responso al successore di Benedetto XVI, papa Francesco.

Intanto Medjugorje cresceva imponendosi come uno dei santuari mariani più gettonati, con file chilometriche di malati disperati invocanti il miracolo tra cui non pochi volti noti. Tra le tante personalità che vi si sono recate anche un cardinale del calibro dell’arcivescovo di Vienna, Christoph Schoenborn, che vi ha celebrato messa.

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