Amnesty, crisi migranti la più grave dalla Seconda Guerra Mondiale

Amnesty, crisi migranti la più grave dalla Seconda Guerra Mondiale

BEIRUT. – Dalla crisi siriana alle guerre nell’Africa subsahariana, dai migranti morti nei naufragi durante la traversata del Mediterraneo a quelli uccisi dalla fame e dalla sete sui barconi nel sud-est asiatico: quella che il mondo sta vivendo è “la più grave crisi dei rifugiati dalla seconda guerra mondiale”, ha affermato a Beirut Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International. E con le sue risposte insufficienti la comunità internazionale “sta condannando a morte migliaia di persone”.

In un rapporto intitolato ‘La crisi globale dei rifugiati, la cospirazione della noncuranza’, Amnesty ricorda che sono 50 milioni, in tutto il mondo, le persone che sono state costrette ad abbandonare le loro case. Di queste, 16 milioni sono ufficialmente riconosciute come rifugiate. Quattro milioni sono i profughi per il conflitto civile siriano, al 95 per cento ospitati nei confinanti Turchia, Libano, Giordania e Iraq. Altri 3,3 milioni sono quelli per le guerre nella regione subsahariana dell’Africa, quelle che Shetty definisce “le crisi dimenticate”.

E le cose sembrano destinate a peggiorare. Lo scoppio di combattimenti in Paesi quali il Sud Sudan e la Repubblica Centrafricana hanno fatto si’ che nuove ondate di rifugiati si siano unite a coloro che erano fuggiti da Somalia, Sudan, Eritrea ed Etiopia. Per quanto riguarda i migranti che attraversano il Mediterraneo sui barconi, Shetty ha sottolineato che al 31 maggio di quest’anno i morti sono 1.865, rispetto ai 425 del 2014, quando alla fine dell’anno il bilancio fu di 3.500 vittime. Nel sud-est asiatico, invece, 300 persone sono morte nel Mare delle Andamane nei primi tre mesi del 2015 a causa di fame, disidratazione e abusi da parte degli equipaggi delle imbarcazioni.

“L’attuale crisi – ha affermato Shetty – non potrà essere risolta se la comunità internazionale non riconoscerà che si tratta di un problema globale che richiede agli Stati di rafforzare significativamente la cooperazione internazionale”. Come primi interventi, Amnesty chiede “un impegno per rilocalizzare un milione di rifugiati entro i prossimi quattro anni” e la costituzione di un “fondo globale per i rifugiati” per aiutare i Paesi che ospitano grandi popolazioni di profughi.

Come per esempio il Libano, dove vi è un profugo ogni quattro abitanti e dall’inizio del 2015 le autorità hanno introdotto nuovi criteri per selezionare i siriani che entrano. Il risultato è stato che nei primi tre mesi del 2015 i siriani registrati nel Paese dall’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Unhcr) sono stati l’80 per cento in meno rispetto allo stesso periodo del 2014.

(di Alberto Zanconato/ANSA)