Venezuela: Cabello, Bergoglio, González e il panorama politico nazionale

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Cabello, Bergoglio, González. Sono stati loro i personaggi della politica negli ultimi giorni; protagonisti che hanno alimentato una ridda d’interpretazioni, commenti e speculazioni.
La notizia dell’incontro tra il presidente del Parlamento, Diosdado Cabello, e il consigliere del Dipartimento di Stato nordamericano, Thomas Shannon, ha colto tutti di sorpresa. Il colloquio, promosso da Michel Martelly, si è svolto nella vicina Haiti.

Certo, in circostanze normali, non avrebbe destato stupore. Ma, si sa, il Venezuela vive un momento particolarmente delicato della sua vita politica ed economica. E poi le relazioni tra Venezuela e Stati Uniti non godono certo di buona salute.

Fino a ieri, Shannon si era riunito solo con il presidente Maduro. Lo aveva fatto a porte chiuse e senza la presenza né di altri membri del governo né di esponenti del Parlamento. A conclusione dei ‘conclavi’ le solite parole di rito che richiamavano la volontà dei due paesi a collaborare per assicurare un ritorno a relazioni bi-nazionali di amicizia e rispetto, come lo devono essere quelle tra paesi vicini.

Ci si chiede, ora, perché per proseguire i colloqui iniziati dal presidente Maduro non è stata incaricata il capo della diplomazia, la ministro degli Esteri Delsy Rodrìguez che, ad Haiti, ha svolto solamente un ruolo secondario? E perchè Shannon ha accettato di incontrare Diosdado Cabello, oggi al centro di polemiche che non pare abbiano fine?

Due le interpretazioni che circolano con maggior insistenza. La prima pone enfasi nella figura del presidente dell’Assemblea Nazionale, Diosdado Cabello. Questi, a differenza del presidente Maduro, non viaggia con frequenza all’estero. Incontrandosi con Shannon, Diosdado Cabello potrebbe aver voluto dimostrare di non avere scheletri nascosti nell’armadio. E, così, smentire definitivamente le insinuazioni mosse da alcuni quotidiani stranieri, che hanno scritto che il presidente del Parlamento sarebbe oggi indagato dalle autorità americane.

Ma, a questo punto, sorge un’altra domanda: Shannon accetterebbe di incontrare Cabello solo per offrirgli il suo “endorserment”, una sponda? E qui, allora, prende forza la seconda interpretazione: al centro del colloquio tra Shannon e Cabello non vi sono state né le relazioni tra Stati Uniti e Venezuela né le polemiche che coinvolgono il presidente del Parlamento. La vera ragione sarebbe stata l’interesse a trovare una soluzione negoziata alla crisi politica venezuelana; soluzione che permetterebbe di traghettare la transizione senza danni per gli esponenti attuali del “chavismo”. La presenza del Psuv, in Parlamento, è indispensabile. Assicura la dialettica politica. Altrettanto indispensabile, per gli equilibri del paese e la sopravvivenza della democrazia, l’alternabilità nel potere.

Scartato a priori lo scenario illustrato da Padre Ugalde, che propone le dimissioni del presidente Maduro e la convocazione a nuove elezioni entro la fine dell’anno, resta la necessità di una transizione non traumatica, come quella che alcune decadi fa permise alla Spagna di transitare il cammino del progresso e ai paesi del Sud di questo emisfero di tornare a vivere in democrazia.

I sondaggi, almeno la stragrande maggioranza, indicano il trionfo dell’Opposizione nelle prossime elezioni parlamentari. Certo, non si possono scartare variabili improvvise e circostanze che potrebbero rimettere in gioco il governo. Ma, sinceramente, se si dà credito ai sondaggi, questa sembrerebbe un’eventualità poco probabile. Ed allora, in questo caso, si presentano tre scenari possibili.

Il primo, improbabile, che il governo non riconosca il trionfo dell’Opposizione. E instauri, di fatto, un governo non più con vocazione autoritaria, come quello attuale, ma dittatoriale. Il secondo, anch’esso poco plausibile, che si giunga ad uno scontro frontale tra potere Esecutivo e potere Legislativo. In questo caso, l’Opposizione potrebbe avanzare la richiesta di referendum. Nessuno toglie, però, che il Governo decida di sciogliere l’Assemblea Nazionale. In ambedue i casi si provocherebbe il caos. Nel caos, le Forze Armate potrebbero intervenire per ristabilire la pace e l’equilibrio politico. Come? L’esperienza in America Latina, purtroppo, indica che promettendo elezioni a breve termine, promesse mai mantenute.

Non resta, quindi, che l’eventuale transizione traghettata con la partecipazione di tutte le forze politiche del Paese. Il potere legislativo, in mano all’Opposizione, potrebbe esercitare pressioni per obbligare l’Esecutivo ad approvare provvedimenti economici e sociali necessari, anche se impopolari. Il presidente Maduro, per non essere estromesso dal gioco politico, ne assumerebbe le responsabilità; responsabilità che la maggioranza in Parlamento non avrebbe la forza di assumere da sola.

Così l’eterogeneo arcipelago di partiti oggi all’Opposizione avrebbe tempo di tessere alleanze in vista delle presidenziali e, quindi, arrivare all’istituzione di un governo solido, nato da elezioni popolari. Mantenere l’istituzionalità e anche la dialettica politica dovrebbe essere l’obiettivo di tutte le forze politiche, sia di destra che di sinistra. Pare fantapolitica ma, nel fondo, non lo è.

La decisione del presidente Maduro di rinunciare al suo viaggio a Roma, e quindi all’incontro col Papa, ha lasciato non pochi con l’amaro in bocca. Si aveva la sicurezza che tra gli argomenti in agenda durante l’udienza papale non sarebbero mancati quelli inerenti i prigionieri politici, le libertà e il rispetto dei Diritti Umani. Papa Francesco non avrebbe rinunciato ad un suo richiamo al dialogo tra le forze politiche e ciò sarebbe stato abbondantemente pubblicizzato.

Un tale richiamo, fatto da Papa Bergoglio, uomo dalla personalità forte, assai stimato e autorevole avrebbe senz’altro contribuito al processo di deterioramento della popolarità del presidente Maduro. Papa Francesco, informato sia da Mons. Parolìn sia dal Nunzio Apostolico Giordano, conosce la realtà del Venezuela, le difficoltà economiche, e la mancanza di dialogo politico.

Se la decisione del presidente Maduro di rinunciare al viaggio a Roma ha destato sorpresa, non hanno stupito i suoi attacchi verbali contro l’ex premier González, la cui visita in Venezuela è durata appena 48 ore. I riferimenti del presidente Maduro al leader socialista spagnolo hanno contribuito a far conoscere la situazione del Venezuela, la presenza di prigionieri politici, la crisi economica e il clima di polarizzazione politica che vive il Paese.

González non ha risposto agli insulti, né ha ceduto alle provocazioni. Ha visitato il nostro connazionale, Antonio Ledezma, ancora agli arresti domiciliari; ha chiesto, senza ottenerlo, il permesso per conversare con il resto dei prigionieri politici; ha incontrato i genitori di Leopoldo López e la moglie di Ceballos; ha sostenuto colloqui con varie forze politiche; ha visitato Teodoro Petkoff, maestro di giornalismo, per consegnargli il prestigioso “Premio Ortega y Gasset” e ha accettato, senza emettere giudizi o commenti, la decisione della Corte Suprema, che gli ha confermato l’impossibilità di integrare il “team” degli avvocati difensori dei detenuti politici. E, alla fine, dopo 48 ore appena, si è recato in Colombia con un aereo postogli a disposizione dal presidente Santos.

La visita dell’ex premier González, durata appena 48 ore, è stata seguita con attenzione in Venezuela e all’estero. Specialmente in America latina, dove il leader socialista gode di grande stima.

(Mauro Bafile/Voce)

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