Terrorismo: dalla Libia la sfida alle frontiere dell’Italia

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NEW YORK. – Sui barconi di migranti potrebbero infiltrarsi dei terroristi. L’Italia è molto attiva nella lotta al terrore internazionale, ma il flusso apparentemente inarrestabile di persone che attraversano il Mediterraneo rappresenta una “sfida” per la sicurezza alle frontiere italiane. Lo afferma nel suo rapporto annuale sul terrorismo il Dipartimento di Stato Usa, sottolineando che nel 2014 la penisola ha avuto “un numero record” di sbarchi.

Un’analisi con cui concorda il ministro degli esteri Paolo Gentiloni, che in questi giorni è a New York proprio per fare il punto sulla crisi in Libia e su quella dei migranti nel Mediterraneo con i vertici dell’Onu e con i Paesi membri permanenti del Consiglio di Sicurezza. L’allerta sui foreign fighter che potrebbero infiltrarsi sui barconi, afferma, “è necessaria”, perché “in teoria nessuno può escludere questo scenario”. Anche se, aggiunge, “al momento dai nostri servizi non vengono segnalati rischi particolari”.

Nella sua analisi, il Dipartimento di Stato sottolinea tra l’altro che nel 2014 l’Italia “ha smantellato all’interno delle sue frontiere cellule sospettate di collegamenti terroristici” e “ha mantenuto una cooperazione di alto livello professionale con gli Stati Uniti e i partner internazionali”. Ma allo stesso tempo, “nel 2014 l’Italia ha ricevuto un numero record – oltre 150 mila – di rifugiati, richiedenti asilo e migranti per motivi economici che hanno attraversato il Mediterraneo dalla Libia, presentando serie sfide alla capacità degli agenti della sicurezza alle frontiere italiane di controllare in maniera completa tutti i migranti in arrivo”.

“Il governo – si legge – non ha riferito di alcun ritorno di foreign fighter tra questi arrivi, ma le autorità e il pubblico italiano rimangono sensibili al rischio e sono particolarmente preoccupati dall’insicurezza crescente in Libia”. Lo sono del resto gli stessi Usa. “In Libia – si legge nel rapporto di Washington – la proliferazione di gruppi armati e il collasso delle funzioni governative ha lasciato spazio e rifugi per gruppi di terroristi” e “nel 2014 c’erano indicazioni sulla presenza di affiliati all’Isis attivi in Libia”.

L’Isis, si legge in un’altra sezione dello stesso rapporto, lo scorso anno ha di fatto soppiantato al Qaida come gruppo più pericoloso al mondo, grazie alla sua diffusione “senza precedenti”, alla sua brutalità, nonché alla capacità di fare propaganda e di reclutare combattenti stranieri e ispirare lupi solitari.

Non a caso, il numero degli attacchi terroristici nel mondo è aumento nel 2014 del 35 per cento, anche se il 60 per cento è stato messo a segno in soli cinque Paesi: Iraq, Pakistan, India, Nigeria, Afghanistan. E il numero dei rapimenti, fonte privilegiata di ‘autofinanziamento’ dei terroristi dell’Isis e di suoi affiliati o sodali – come i jihadisti nigeriani di Boko Haram – si è triplicato: fino ad un totale di quasi 9.500.

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