Con Grexit stangata interessi, 11 miliardi per l’Italia

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ROMA. – Se la partita con Atene si chiudesse con lo scenario peggiore, quello della Grexit, a pagare il prezzo più alto sarebbe l’Italia, cui un’uscita della Grecia dall’Eurozona potrebbe costare 11miliardi di maggiori oneri sul debito pubblico. A fare il calcolo di chi subirebbe l’aumento “più grande in assoluto” di tutta la zona euro è l’agenzia di rating Standard&Poor’s, secondo la quale l’addio di Atene potrebbe costare in tutto 30 miliardi tra 2015 e 2016.

Conti difficili da verificare in un contesto nel quale l’impatto del referendum greco – per dirlo con le parole di Mario Draghi – potrebbe portare in una ”terra incognita”. Un terzo degli aumenti – secondo l’Agenzia di Rating – si abbatterebbe sul nostro Paese, che rimane tra quelli “più vulnerabili”.

Una vera e propria ‘stangata’ da spread, visto che l’Italia è peraltro alle prese con il secondo debito più alto di Eurolandia, nel rapporto con il Pil, dopo quello greco. Un nodo, quello del debito ‘monstre’, che si scioglie solo andando avanti “con le riforme” per portare il Paese “su un sentiero di crescita più alta”, ha incitato il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, sottolineando che in questo modo si potrà anche “far fronte con più forza” alle turbolenze come quelle che scuotono l’Europa in queste ore.

Rispetto al 2011, ha osservato, i mercati “hanno assorbito molto meglio lo choc grazie alle infrastrutture che abbiamo” e al fatto che “c’è un’autorità monetaria condivisa in grado di far fronte alle tensioni quali quelle di questi giorni”. Sulla stessa linea il ministero dell’Economia Pier Carlo Padoan, che da giorni va ripetendo che il nostro Paese, grazie alle riforme e alle più solide condizioni dei conti pubblici, è pronto a respingere l’onda d’urto di una eventuale, e non auspicabile, Grexit.

Nonostante tutto mostra tranquillità davanti ad un parterre di esperti banchieri. “Io continuo ad essere fortemente ottimista sull’Europa e sull’Italia – ha detto il titolare di via XX settembre – al di là di vicende che possono destare preoccupazione”. Del resto la Bce fa sapere che tra i titoli che lo ‘scudo’ si allarga e che tra i titoli che potrà acquistare entrano anche Enel, Snam, Terna e Ferrovie dello Stato. Insomma alcune importanti società pubbliche.

Ma per gli analisti di S&P un addio della Grecia all’euro, nonostante il Qe che farà da “tetto” ai rendimenti, si rifletterebbe “principalmente attraverso rendimenti più alti” da pagare sui titoli di Stato, “specialmente sui Paesi periferici” e su quelle economie “percepite dai mercati come fiscalmente più vulnerabili”, facendo sfumare per il prossimo biennio quel ‘tesoretto’ rappresentato dal risparmio sui tassi di interesse.

Al Tesoro, e lo stesso Padoan, hanno più volte ricordato che, grazie alle stime prudenti del Def anche dell’andamento dello spread, il Paese sarà comunque in grado di affrontare volatilità e tensioni sui mercati. Peraltro, secondo alcuni calcoli, per arrivare agli 11 miliardi di S&P si dovrebbe verificare un tasso del decennale che schizzi al 3,5% (un aumento di almeno 120 punti base) sia per quest’anno che per il prossimo, e un aumento analogo sui titoli a tasso variabile che però, si osserva, sono ancorati a Euribor.

Senza considerare che la raccolta per quest’anno è già a buon punto, ha superato il 60% dei 420 miliardi di emissioni previsti, e finora il Tesoro si è potuto finanziare a tassi decisamente bassi.

(di Silvia Gasparetto/ANSA)

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