Pressing di Obama per accordo, Atene resti nell’euro

Usa: 4 luglio; Obama, la liberta' non viene senza prezzo

NEW YORK. – Il mantra è quello che l’impatto è limitato perché l’esposizione diretta alla Grecia è ridotta. Ma gli Stati Uniti di Barack Obama guardano con preoccupazione agli sviluppi nel Vecchio Continente, e continuano il loro pressing per un accordo, in cui tutti facciano la propria parte e in cui Atene resti nell’area euro.

Una soluzione delle differenze e un compromesso, con un pacchetto di finanziamenti e riforme che consenta alla Grecia di restare in Eurolandia, ”e’ nell’interesse di tutti, anche degli Stati Uniti”, afferma il portavoce della Casa Bianca, Josh Earnest, sottolineando che dal referendum e’ arrivato un messaggio chiaro, ovvero che il popolo greco cerca maggiori opportunità economiche. Un messaggio che gli Stati Uniti ritengono ”comprensibile” date le sfide affrontate dalla Grecia negli ultimi anni.

Il pressing americano per una soluzione e’ mosso anche dal timore che una gestione non ordinata della crisi greca potrebbe avere ripercussioni sull’economia europea, rallentando di fatto anche la ripresa americana di cui l’Ue e’ uno dei maggiori partner commerciali anche se la Grecia ha un’economia che vale quanto quella dello stato dell’Oregon.

L’attenzione degli Stati Uniti verso il caso Grecia e’ aumentata con il passare delle settimane, e non solo per motivi economici. Evitare una Grexit, infatti, e’ rilevante anche dal punto di vista geopolitico: un’addio all’area euro rischia di indebolire il fronte delle sanzioni alla Russia, rafforzando allo stesso tempo il presidente russo, Vladimir Putin.

I mercati – osserva la Casa Bianca – per ora hanno reagito ”ordinatamente, con effetti contagio limitato”. Wall Street cala ma non e’ una reazione da ‘panico’, ne’ tantomeno un nuovo temuto momento Lehman Brothers. Gli effetti immediati della crisi greca e del referendum, con la schiacciante vittoria del ‘no’, riguardano il dollaro che si apprezza nei confronti delle principali valute, mettendo in pericolo le esportazioni americane – se il trend dovesse continuare – e lasciando allerta la Fed.

La tabella di marcia della banca centrale americana, infatti, potrebbe essere complicata proprio dalla crisi greca, che rischia di far slittare il previsto primo aumento dei tassi di interesse dal 2006.

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