Summit dei Brics, Putin cerca il contraltare al G7

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MOSCA. – Espulsa dal G8 e colpita dalle sanzioni occidentali per la crisi ucraina, la Russia di Putin usa il vertice Brics per dimostrare che il Cremlino non è isolato sul piano internazionale, trasformando il gruppo dei Paesi emergenti in una sorta di contraltare al G7. E la loro nuova banca di sviluppo – con una dote di 100 miliardi di dollari – in un contrappeso al sistema bancario occidentale, in particolare al Fmi e alla Banca Mondiale, dominati come il G7 dagli Usa. Con il rischio pero’, avvertono alcuni analisti, di un’effetto speculare, ossia di una alleanza a trazione cinese, capace di estendere ulteriormente il potere globale di Pechino.

Per rafforzare mediaticamente l’evento, Putin ha voluto organizzare a Ufà, capitale della Baskiria, sugli Urali, anche il vertice dell’Organizzazione di Shangai per la cooperazione (Sco), di cui fanno parte la Cina, la Russia e le ex repubbliche sovietiche dell’Asia centrale. Con la promessa di farvi entrare entro il 2016 India e Pakistan e, in un prossimo futuro, pure l’Iran del presidente Hassan Rohani. Il presidente russo ha cominciato a fare gli onori di casa ricevendo in incontri bilaterali il presidente cinese Xi Jinping, il premier indiano Narendra Modi e il presidente sudafricano Jacob Zuma.

Con Xi Jinping ha ribadito la convinzione che i due Paesi, insieme, possono superare tutti i problemi e ha discusso di come integrare il progetto russo di Unione Euroasiatica con quello cinese per una nuova via economica della seta. Al premier indiano ha promesso di fare yoga, ma anche un accordo di libero commercio con l’Unione Euroasiatica e 100 milioni di tonnellate di petrolio in 10 anni. Con Zuma ha ipotizzato di riprendere la cooperazione tecnico-militare e concordato la priorità di sviluppare il nucleare.

A caratterizzare il summit sarà il lancio della nuova banca di sviluppo e di un pool di riserva valutaria di emergenza, entrambi con un capitale di 100 miliardi di dollari. La nuova banca, decisa lo scorso anno al vertice Brics in Brasile, inizialmente finanziera’ progetti infrastrutturali dei Paesi membri: alla Grecia è già stato opposto un chiaro ‘no’. Le quote dicono chiaramente chi farà la parte del leone: 41 mld dalla Cina, 18 a testa da Russia, India e Brasile, 5 dal Sudafrica.

I Brics discuteranno anche la creazione di una agenzia di rating indipendente, come pure di un sistema swift per i trasferimenti in valuta: altri ‘mattoni’ per cercare di controbilanciare il predominio occidentale nel settore finanziario. I Brics rappresentano il 43% della popolazione globale, il 25% del territorio, il 26% del pil mondiale, il 75% delle riserve valutarie, il 20% dell’ interscambio commerciale planetario (291 miliardi di dollari nel 2014).

Una fetta rilevante del mondo, ma la loro crescenti quote di ricchezza non si riflettono nei diritti di voto dell’Fmi e della Banca Mondiale. La riforma dell’Fmi che darebbe più voce ai Paesi emergenti è stata bloccata dal Congresso Usa. Per questo ora i Brics cercano spazi e strumenti alternativi per controbilanciare l’influenza occidentale e l’unipolarismo americano. Una tendenza assecondata da Putin, che nei Brics tenta di ritagliare un ruolo di primo piano per la Russia, unica super potenza nucleare insieme gli Usa, con immense risorse di materie prime e una tecnologia militare e spaziale all’avanguardia.

Ma il rischio di una alleanza con Pechino, anche all’interno dei Brics, è quello di finire schiacciato dal gigante cinese: secondo alcuni esperti, con il suo attuale ritmo di crescita del 7%, Pechino espanderà nei prossimi due anni e mezzo il suo pil in una quantita’ pari al valore dell’intera economia russa, attualmente in stagnazione.

(di Claudio Salvalaggio/ANSA)

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