Renzi in assemblea Pd, rilancio azione riforme

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MILANO. – Avanti sulle riforme, tutti insieme. Con la scommessa riuscita di Expo a far da inedito sfondo, Matteo Renzi nel suo discorso ai mille delegati dell’assemblea Pd rilancerà il cammino del partito e del governo. Con un discorso che i suoi annunciano “poderoso” e rivolto non solo al Pd. Perché se i dati di Bankitalia che aumentano le stime del Pil e prevedono una diminuzione della disoccupazione confermano che la strada è quella giusta, ancora molto, non si stanca di ribadire il premier, c’è da fare.

Riforme, innanzitutto. Ma anche un nuovo approccio ai problemi che non sia l’odio di chi fomenta le barricate anti-immigrati e il disfattismo di chi scommetteva sul fallimento di Expo. Cade in un momento non semplice per le riforme, questa assemblea del Pd. Perché delicati sono gli equilibri, soprattutto al Senato. Dove la minoranza dem, che ha fatto mancare il suo voto anche sul ddl scuola, punta a far valere sulla riforma costituzionale la sua nutrita pattuglia di 25 senatori. A loro il segretario, spiegano i renziani, dovrebbe lanciare un messaggio di unità e apertura al confronto, con l’unica condizione di non ripartire daccapo e non fermarsi.

Ma dovrebbe ribadire anche il no a una logica di corrente che porta a violare le regole interne per opporsi alla linea decisa dalla maggioranza, perché – è il ragionamento – il Pd porta tutto insieme la responsabilità di cambiare l’Italia e su quel cambiamento i cittadini matureranno il loro giudizio, non sulle posizioni di corrente. Dalla politica internazionale all’immigrazione, quello di Renzi si annuncia come un discorso di ampio respiro, rivolto alla intera politica italiana. E il premier, sostengono i parlamentari a lui vicini, anche rispetto a vicende delicate come quelle che si vivono a Roma e in Sicilia, potrebbe tornare a porre l’accento sulla responsabilità prioritaria di saper ben governare.

Avanti tutti insieme, dunque. E’ una linea destinata probabilmente a riverberarsi anche nel ‘mini rimpasto’ di governo e delle cambio al vertice delle commissioni che è in programma per martedì. Un aggiustamento della squadra importante per far marciare a ritmo sostenuto le riforme e, in autunno, la legge di stabilità. Solo lunedì mattina Renzi con i vertici del Pd e gli alleati di governo prenderà le decisioni finali. Ma appare ormai più che probabile che alla Camera saranno sostituiti solo i 4 presidenti di Fi. Mentre dovrebbero restare al loro posto i presidenti della minoranza dem Francesco Boccia e Guglielmo Epifani, nonostante la tentazione di qualche pasdaran renziano di sostituire quest’ultimo per non aver votato le riforme.

Alla Affari costituzionali dovrebbero quindi andare Matteo Richetti o Emanuele Fiano. Alla Cultura la renziana Flaminia Piccoli Nardelli. La Difesa potrebbe andare a Scelta civica e le finanze all’Ncd Bernardo o alla renziana Silvia Fregolent. Ma gli incastri dipendono anche dalle scelte per occupare le posizioni vacanti nel governo. Ncd oltre al ministero degli Affari regionali (in pole Gaetano Quagliariello, ma non blindato) dovrebbe avere un sottosegretario. Mentre il segretario di Sc Enrico Zanetti dovrebbe essere promosso a viceministro allo Sviluppo. E il dem Enzo Amendola agli esteri. Ma se ne parlerà lunedì.

La minoranza Pd si attende da Renzi “non solo uno spot” ma risposte, anche sul tema dei “nuovi responsabili di Verdini e Cosentino”. In platea non ci saranno Enrico Letta e Massimo D’Alema. Non ci sarà Rosy Bindi, impegnata nelle celebrazioni per Paolo Borsellino. E potrebbe mancare anche Pier Luigi Bersani. Mentre prenderanno probabilmente la parola Gianni Cuperlo e Roberto Speranza. L’ex capogruppo, esprimendo una preoccupazione molto diffusa nella minoranza, chiederà a Renzi un impegno a non venire “a patti con Verdini”.

Sarebbe una scorciatoia “pericolosa”, avverte alla vigilia, perché snaturerebbe il Pd: lo trasformerebbe da partito riformista a “pigliatutto” e cioè da “partito del cambiamento a partito del potere”. “Bersani ha detto che caccerebbe Verdini dalla sua casa, ma hanno cambiato la serratura, lui ormai è sul pianerottolo: a Renzi non interessa più chi c’è nel Pd, pur di avere 163 voti al Senato”, attacca Pippo Civati. Ma parla ormai da ‘ex’, per la prima volta fuori dall’assemblea dopo l’addio al Pd.

(dell’inviato Serenella Mattera/ANSA)