Inizia la nuova era tra Usa e Cuba, riaperte le ambasciate

Cuban Flag Raised Outside Cuban Embassy

WASHINGTON. – Allo scattare della mezzanotte, la svolta che pochi avrebbero immaginato anche solo un anno fa è diventata realtà: Stati Uniti e Cuba non solo sono tornati a parlarsi, ma hanno riaperto le rispettive ambasciate a Washington e all’Avana in quella che diventerà la ‘data simbolo’ del disgelo voluto da Barack Obama e che ha portato a ristabilire le relazioni diplomatiche interrotte nel 1961. Dopo oltre 50 anni al dipartimento di Stato torna così la bandiera cubana tra quelle dei paesi con cui gli Stati Uniti mantengono relazioni diplomatiche. Con discrezione e senza fanfare, prima dell’alba è stata posizionata tra quella croata e quella di Cipro. Poco lontano, in mattinata, è stato il ministro degli Esteri cubano, Bruno Rodriguez, ad issare la bandiera su quella che torna ad essere l’ambasciata di Cuba a Washington. Una cerimonia davanti a qualche centinaio di invitati, mentre in strada una piccola folla dava voce a quelle contrapposizioni che la storica decisione pure suscita, tra chi festeggia per l’inizio di una nuova era e chi ritiene che si sia persa un’ “occasione” per ‘liberare’ davvero Cuba. “E’ una giornata di festa senz’altro, ma di una festa incredibile”. Vivian Delgado è forse la più entusiasta. “E’ un momento incredibile – non si stanca di ripetere – per me che sono cubana-americana di prima generazione, ma anche per i ragazzi, i più giovani, la seconda generazione di cubani-americani cui questa giornata va spiegata come un litigio tra fratelli che deve essere risolto e per questo bisogna decidere se essere parte del problema o parte della soluzione. Ecco, noi oggi siamo parte della soluzione”. Francisca Vigaud, anche lei cubana-americana, per festeggiare invece non vede alcun motivo. A suo avviso così si consente al regime di Castro di continuare nell’oppressione. “Da quando sono cominciati i colloqui che hanno portato a questa decisione – spiega all’ANSA – l’oppressione è continuata invece di diminuire”. E Francisca non crede nemmeno che in futuro le cose potranno cambiare: “Obama ha preso una decisione che non tiene conto della voce dei cubani, è stata persa un’occasione, è stato perso il treno”. Intanto partono i comunicati: la ‘sezione d’interessi’ Usa all’Avana “é diventata ambasciata degli Stati Uniti e proseguirà le proprie funzioni diplomatiche dalla sede sul ‘Malecon'” della città, sotto la guida “dell’attuale incaricato d’affari ad interim, Jeffrey De Laurentis”. E’ la prima nota diffusa dalla rappresentanza americana all’Avana, in attesa dell’imminente viaggio a Cuba del segretario di Stato John Kerry. Entro l’estate, conferma il Dipartimento di Stato, il 14 agosto secondo indiscrezioni. Gli Stati Uniti sono ben attenti a considerare questa ulteriore fase dell’avvicinamento tra i due paesi come uno dei passi lungo il percorso annunciato da Obama il 17 dicembre scorso, nella consapevolezza che sono diversi i nodi da sciogliere. A partire dall’embargo. E’ il ministro cubano a ricordarlo oggi a Washington, chiedendo la rimozione completa delle restrizioni americane contro il suo Paese. Si apre “l’opportunità per rapporti bilaterali nuovi e diversi da quelli avuti finora”, ha detto il ministro degli Esteri cubano, Bruno Rodriguez, davanti ai circa 500 invitati alla cerimonia nella ‘nuova’ ambasciata a Washington, durante la quale non ha mancato di “portare un saluto del presidente Raul Castro” ma di ricordare anche Fidel: “Siamo giunti qui grazie al leader storico della ‘revolucion’, Fidel Castro”, ha detto.

(di Anna Lisa Rapanà/ANSA)

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