Tra Ankara e Pkk ora è guerra, uccisi due soldati turchi

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ROMA. – Sanguinosa risposta dei ribelli curdi, all’offensiva dell’artiglieria turca contro i miliziani del Pkk (Partito dei lavoratori del Kurdistan) in Iraq, avviata venerdì in contemporanea con i bombardamenti aerei contro i jihadisti dello Stato islamico (Isis) in Siria. Un’autobomba è stata fatta esplodere contro un veicolo militare nel sud-est della Turchia a maggioranza curda, uccidendo due soldati e ferendone altri quattro. La fine del cessate il fuoco dichiarata ieri dal Pkk si è dunque già concretizzata.

L’attentato, avvenuto nei pressi della città di Diyarbakir, secondo il governatore locale è sicuramente opera dell’ “organizzazione terrorista e separatista” curda (così viene definito da Ankara il movimento curdo in rivolta dal 1984), che peraltro non l’ha rivendicato. Aveva però chiaramente detto fin dall’inizio dei bombardamenti turchi che le condizioni “per mantenere in vigore la tregua dichiarata nel 2013 sono state infrante” e “di fronte all’aggressione abbiamo il diritto di difenderci”.

Di diritto alla difesa, ma a favore della Turchia, si sono espressi la notte scorsa gli Stati Uniti. Il portavoce della Casa Bianca, Alistair Baskey, ha condannato con decisione il Pkk spezzando ben più di una lancia a favore del presidente Recep Tayyp Erdogan. Il Partito dei lavoratori del Kurdistan, ha detto, deve rinunciare al terrorismo e sedersi nuovamente al tavolo delle trattative con il governo turco.

Un invito che ha ben poche speranze di essere accolto visto che anche le trattative di pace avviate nell’autunno 2012 dal regime di Erdogan con il capo del Pkk Abdullah Ocalan (in carcere) non hanno portato a nessuna reale intesa. La svolta anti-terrorismo di Erdogan sembra comunque più che decisa. E include tra gli obiettivi anche i curdi.

Ieri è stata vietata una manifestazione per la pace indetta a Istanbul, con la motivazione che gruppi fuorilegge avrebbero potuto usarla per “provocare” e scatenare disordini. Gli organizzatori l’hanno annullata. Manifestazioni sono state invece represse con la forza in altre città, soprattutto nel nord-est a maggioranza curdo.

A Cizre un uomo è stato ucciso a colpi d’arma da fuoco in scontri tra polizia e manifestanti filo-curdi. Anche in un quartiere periferico di Istanbul comunque la giornata non si è conclusa tranquillamente. Gruppi di dimostranti hanno scagliato sassi, bombe carta e bottiglie incendiare contro i poliziotti, che hanno risposto caricando.

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