Consumatori e imprese tornano pessimisti, cala la fiducia

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ROMA. – Con l’avanzare dell’estate l’umore del mondo imprenditoriale, ma soprattutto quello delle famiglie italiane si è fatto più cupo. Dopo il balzo del mese scorso, infatti, il clima di fiducia è tornato a calare a luglio, facendo segnare una battuta d’arresto, più consistente nel caso dei consumatori e piuttosto lieve nel caso delle imprese.

Gli analisti rassicurano dicendo che il calo di fiducia non è molto preoccupante e intanto per il Mezzogiorno si intravedono dei primi piccoli spiragli di ripresa. Ma Confindustria si mantiene cauta e avverte che comunque questi segnali, seppur confortanti, non bastano a decretare l’arrivo della svolta.

Come di consueto l’Istat ha misurato l’umore della platea italiana ed ha visto l’indice di fiducia dei consumatori calare a 106,5 dai 109,3 di giugno, mentre quello delle imprese è sceso a 104,3 dai precedenti 104,7. Per i consumatori, la diminuzione si avverte in tutte le componenti, con cali più marcati per il clima economico e per quello futuro e più contenuti per il clima personale e quello corrente. Inoltre, i giudizi delle famiglie sulla situazione economica del Paese nell’ultimo anno peggiorano rispetto al mese precedente.

Leggermente migliore invece il sentiment delle mondo imprenditoriale: è infatti migliorato il clima delle imprese dei servizi, quello delle imprese del commercio al dettaglio, mentre è peggiorato il livello di fiducia nel settore manifatturiero e in quello delle costruzioni. Gli analisti di Intesa Sanpaolo comunque rassicurano anche perché, fanno notare, i livelli degli indici di fiducia sia delle famiglie che delle aziende restano superiori alla media storica e anzi vicini a dei massimi dai livelli pre-crisi.

Di “primi timidi segnali positivi” in arrivo dal Mezzogiorno, parla invece Confindustria nel suo check up semestrale, rilevando un un arresto della caduta dell’economia. Ma, avverte tuttavia il rapporto, sono valori “insufficienti a recuperare i valori pre-crisi”.

Nonostante il lieve aumento dell’occupazione, il minor ricorso alla cassa integrazione, l’aumento del fatturato delle imprese meridionali di medie dimensioni e la crescita del turismo, infatti, Confindustria spiega che applicando alle regioni meridionali il tasso di crescita stimato per l’intero Paese, il Sud è destinato a recuperare i livelli di ricchezza perduti dal 2007 (stimabili in oltre 50 miliardi di euro di Pil) non prima del 2025.

“Una prospettiva sfavorevole – afferma – che va contrastata proprio partendo dal dato di maggior debolezza: gli investimenti, vera chiave di ripartenza per l’economia meridionale”.