Antimafia, ogni tre giorni due giornalisti minacciati

Le prime pagine dei giornali italiani che titolano sulla fiducia incassata dal governo Letta, Roma, 3 ottobre 2013. ANSA / ETTORE FERRARI
Le prime pagine dei giornali italiani che titolano sulla fiducia incassata dal governo Letta, Roma, 3 ottobre 2013. ANSA / ETTORE FERRARI
Le prime pagine dei giornali italiani che titolano sulla fiducia incassata dal governo Letta, Roma, 3 ottobre 2013. ANSA / ETTORE FERRARI

ROMA. – Non esistono “zone franche” per i giornalisti che lavorano in Italia: solo in Valle d’Aosta e Molise i cronisti sono liberi di fare il loro lavoro. Il Lazio è la regione più a rischio – dopo le inchieste su Ostia e Mafia capitale – dove dall’inizio del 2015 sono già 26 i cronisti entrati nel mirino della criminalità organizzata. E poi 20 in Campania, 18 in Puglia e Lombardia. Ogni tre giorni, due giornalisti subiscono intimidazione o peggio.

A far suonare la sirena, soprattutto sulle condizioni dei freelance privi di contratto e di tutele, è la Commissione Antimafia presieduta da Rosy Bindi che ha approvato all’unanimità, anche con il voto dei cinquestelle, il primo rapporto sui giornalisti minacciati dalle mafie, realizzato dal vicepresidente Claudio Fava.

“Allarmante l’incremento degli atti di ostilità nei confronti dei giornalisti: 2.060 dal 2006 al 31 ottobre 2014, con un costante incremento che ha registrato il suo picco nei primi 10 mesi del 2014, con 421 atti di violenza o di intimidazione, quasi tre ogni due giorni”. Lo hanno sottolineato Bindi e Fava presentando il report alla Camera, insieme alla senatrice Maria Rosaria Capacchione – la cronista del ‘Mattino’ invisa alla camorra – e al commissario antimafia Francesco D’Uva di M5s.

Tutti d’accordo sulla necessità di contrattualizzare i freelance che sono l’ossatura dell’informazione nazionale e che sono ricattabili due volte, dalle mafie e dagli editori. La relazione nasce da 34 audizioni di giornalisti, direttori di quotidiani, presidenti regionali dell’Ordine dei giornalisti, del presidente nazionale dell’Ordine e del segretario della Fnsi, e si è avvalsa dei dati di ‘Ossigeno per l’informazione’.

Alberto Spampinato, presidente dell’osservatorio sulla libertà di stampa, sostiene che per avere un quadro veramente realistico delle minacce occorre “moltiplicare per dieci i casi noti, e si finirebbe per superare ogni anno le quattromila vittime dirette e indirette su una popolazione complessiva di 110mila giornalisti iscritti all’Ordine”. La quasi totale impunità degli atti di violenza e minaccia rimane impunita “sono pochissimi gli episodi in cui gli autori sono stati identificati e condannati”, ha detto Fava.

E un altro incombente strumento di ‘pressione’, è l’uso “spregiudicato ed intimidatorio” di querele temerarie e di azioni civili per indurre “a comportamenti e scritture più rispettosi”. In audizione, Milena Gabanelli ha ricordato di aver ricevuto citazioni per oltre 250 milioni di euro, con un picco di 137 milioni richiesti da una multinazionale, “a fronte di una sola causa persa per 30.000 euro”, una “sproporzione che fa cogliere bene l’elemento pretestuoso di quelle azioni”.

E poi c’è un’altra violenza, “più subdola, ma non meno dolente, che si manifesta attraverso le condizioni di estrema precarietà contrattuale ed economica di quasi tutti i giornalisti minacciati”. “Molti cronisti auditi, a fronte di un devastante repertorio di intimidazioni, hanno ammesso di dover lavorare per pochi euro ad articolo, spesso senza contratti e con editori raramente disponibili ad andare oltre una solidarietà di penna e di facciata”, sottolinea Fava. Per questo la Commissione Antimafia chiede il contratto per i freelance.

Attualmente sono 30 i giornalisti che vivono sotto scorta , l’ultimo in ordine di tempo è Sandro Ruotolo di Servizio Pubblico. Undici quelli che, negli anni, sono stati uccisi dalle mafie e dal terrorismo. Le zone dove l’informazione libera è più sotto assedio sono la Calabria e la Sicilia. Molte le testimonianze sul “clima difficile” in alcune redazioni, con giornalisti isolati come avvenne per il cronista del ‘Giornale di Sicilia’ Mario Francese.

“Preoccupanti gli elementi raccolti anche sull’altro grande quotidiano dell’isola, ‘La Sicilia’, e sui tratti di opacità che hanno segnato l’informazione sulla mafia catanese: come grave risulta – per ciò che documentiamo, afferma il report dell’Antimafia – la richiesta di rinvio a giudizio del suo editore Mario Ciancio per concorso esterno in associazione mafiosa. Grave soprattutto per una terra, la Sicilia, che ha già contato otto giornalisti uccisi da Cosa Nostra”.

Ci sono inoltre “sacche di informazione reticente” e di “editori attenti a pretendere il silenzio delle loro redazioni su fatti o nomi innominabili”, una realtà sulla quale “l’Ordine dei giornalisti ha ormai abdicato ad esercitare una funzione di fattivo controllo”. Il report accenna, infine, a “episodi di millantati rischi” dei quali e si occuperà un’altra indagine “sull’uso e l’abuso dell’antimafia”.