Brasile: il Pil frena ancora, torna lo spettro della recessione

Operaio in Brasile
Operaio in Brasile
Operaio in Brasile

RIO DE JANEIRO. – Si riaffaccia lo spettro della recessione, in Brasile: il sistema produttivo continua in picchiata e la grave crisi economica si fonde con quella politica, altrettanto esplosiva, con richieste sempre piu’ insistenti di dimissioni rivolte alla presidente, Dilma Rousseff. Secondo i calcoli della Banca centrale locale, il Pil del gigante sudamericano è calato dell’1,89% tra aprile e giugno di quest’anno nel raffronto con i tre mesi precedenti, quando registro’ un -0,2%. Se le cifre verranno confermate anche a fine agosto, quando usciranno i dati ufficiali dell’Istituto nazionale di geografia e statistica (Ibge), il Paese sara’ entrato di nuovo nella fase di ”recessione tecnica”, che si verifica quando l’economia si contrae per due trimestri consecutivi. Lo stesso quadro si verifico’ esattamente un anno fa.

Da aspirante a quinta potenza mondiale, il Brasile è piombato in una situazione di declino che non sembra aver fine. Il clima di pessimismo è ormai diffuso e, per la prima volta, il mercato finanziario ha previsto un panorama di stagnazione anche per il futuro: contrazione del Pil pari allo 0,15% nel 2016, -2% per l’anno in corso. Mentre l’inflazione galoppa ormai a oltre il 9% (contro la meta del 4,5% fissata dalla Banca centrale). A risentirne sono quasi tutti i settori: dall’automobilistico (uno dei più colpiti, con un calo di produzione pari al 18% tra gennaio e luglio di quest’anno) al terziario, che finora aveva sempre resistito (solo +2,1% a giugno, peggior risultato mensile della storia).

E non va meglio il tasso di disoccupazione: 6,9% a giugno, il piu’ alto indice mensile dal 2010. Per cercare di arginare la crisi, il governo sta studiando nuove misure: di una delle prime beneficera’ il comparto automotive, che ricevera’ un credito fino a 5 miliardi di reais (circa 1,5 miliardi di euro) con interessi piu’ bassi da parte della banca statale Caixa economica federal. A fruirne saranno pero’ solo le case che si impegneranno a frenare le dimissioni collettive.

Ma gli aiuti – è stato anticipato dai media – si rivolgeranno anche ad altri settori dell’industria, nel tentativo di creare alternative al criticatissimo pacchetto di riforme fiscali voluto dal ministro delle Finanze, Joaquim Levy.

Le speranze di ripresa sono pero’ frenate dagli ennesimi scandali di corruzione, che minano ulteriormente la credibilita’ del governo. In primis, quello riguardante il colosso del petrolio Petrobras: la piu’ importante impresa verde-oro affonda in uno scandalo di tangenti che finora ha investito alcune tra le maggiori aziende nazionali e una cinquantina di politici, molti dei quali legati al Partito dei lavoratori (Pt, di sinistra) del capo di Stato, Rousseff.

Domenica scorsa, per la terza volta da quando è iniziato il suo secondo esecutivo (gennaio 2015), centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza per chiederne l’impeachment o la rinuncia spontanea. E parecchi ora sono pronti a scommettere che il mandato di Dilma terminera’ prima del 2018.

(di Leonardo Cioni/ANSA)

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