Usa2016: Repubblicani nervosi per il tornado Trump

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WASHINGTON. – E’ nervosa questa fine d’estate per i repubblicani negli Stati Uniti. L’exploit Donald Trump ha colpito nel segno: ormai davanti al fatto compiuto che no, non è un fenomeno passeggero, politici navigati come strateghi di nuova generazione si affannano a ricomporre un puzzle che sfugge di mano. E anche l’altrimenti misurato Jeb Bush, ormai ex frontrunner dell’affollato campo Gop, non regge alla tensione e perde le staffe. Il terzo Bush che aspira alla Casa Bianca ha risposto con stizza all’incalzare dei giornalisti, come mai prima d’ora aveva fatto. E’ sul tema immigrazione, diventato particolarmente ‘scottante’ dopo le uscite sopra le righe di Trump, che Bush esplode quando lo si accusa di aver utilizzato una espressione offensiva nei confronti degli immigrati.

In un’intervista radiofonica, Bush aveva menzionato i cosiddetti “anchor babies”, ovvero come vengono definiti da alcuni i bimbi fatti nascere negli Stati Uniti da immigrati illegali affinché venga riconosciuta al nascituro la nazionalità americana. Un giornalista gli ha fatto notare che l’espressione è giudicata offensiva e lui questa volta ha reagito: “Avete un termine migliore? Datemi un termine migliore e io lo uso”. E dire che lo aveva menzionato con riferimento proprio a Donald Trump, che nei giorni scorsi ha evocato l’ipotesi di superare il 14/o emendamento della Costituzione, che riconosce il diritto di cittadinanza a chi nasce sul suolo americano.

“Quello che ho detto – ha insistito Bush – è l’espressione cui ci si riferisce comunemente. Non è il mio linguaggio. Ma vogliamo parlare delle politiche? Io credo che chi nasce in questo Paese debba essere cittadino americano”.

E’ caos. Lo sintetizza bene l’ex governatore del New Jersey, Thomas H. Kean, al Washington Post: “Nessuno ha capito come gestire Trump. Tutti lo hanno terribilmente sottovalutato dal primo giorno. Ma da uno che lo conosce, assicuro, è stato un errore”. E Trump gongola” “adesso Jeb mi copia” scrive in un tweet. E’ pane per i suoi denti. Perche’ se Jeb Bush lo accusa di non essere conservatore abbastanza, non con il suo stesso pedigree politico, il ‘Donald nazionale’ è ormai campione di populismo e se ne vanta, mentre riempie le sale.

Anzi gli stadi adesso. In Alabama punta al record: un evento elettorale previsto per in un centro comunale da 4mila posti a Mobile viene spostato all’ultimo momento in uno stadio con una capienza da 43mila persone per poter accogliere la folla attesa. La polizia locale ha confermato alla Cnn che sono attese almeno 30mila persone.

Fino ad ora ‘campione di folle’ era stato il senatore del Vermont, Bernie Sanders, che corre dietro Hillary Clinton per la nomination democratica: a Portland, in Oregon, 28mila persone erano accorse per ascoltarlo lo scorso 9 agosto. Un altro ‘outsider’ che spariglia le carte. Lui è sì politico navigato, ma anche il 73enne senatore liberal con le sue idee da ‘autoproclamato socialista’ era stato in principio guardato con una certa sufficienza.

E invece eccolo a galvanizzare le folle, dalla West Coast al Nevada, all’Iowa, con un entusiasmo che a qualcuno fa ricordare quella clamorosa ascesa di Obama nel 2008. Non potrebbero essere più diversi i due nello stile e anche nella sostanza, ma evidentemente era quello che ‘a sinistra’ mancava se in tanti oggi accorrono al grido di ‘Feel the Bern’. Se ne scrivono reportage (ieri il New York Times) e si monitorano i sondaggi in cui, sempre a distanza, ma il vento di Bernie Sanders soffia sul collo di Hillary Clinton ancora alle prese con il suo ‘emailgate’.

(di Anna Lisa Rapanà/ANSA)