Giappone in piazza contro la “svolta militarista” di Abe

tokyo

ROMA. – Per molti giapponesi si sta rompendo un tabù sacrosanto: una grande manifestazione di oltre 100.000 persone arrivate a Tokyo da ogni angolo dell’arcipelago ha chiesto che il governo conservatore di Shinzo Abe fermi la legge che, per la prima volta dalla dolorosa fine della Seconda Guerra Mondiale, ritaglierà per le forze armate del Sol Levante un ruolo internazionale. Violando così il dettato della Costituzione pacifista, che vieta la guerra in qualsiasi forma se non per autodifesa.

La legge sulla sicurezza, che è in discussione alla Camera Alta del Parlamento, contiene delle clausole, che consentiranno alla Forze di Autodifesa (Sdf, questo il significativo nome che si sono date le forze armate) di operare all’estero, pur limitando l’uso della forza al “minimo necessario” e restringendo la casistica all’attacco diretto al Giappone; all’attacco a un Paese alleato, quando ciò costituisca una minaccia per il Giappone, e a quando “non vi sia altro mezzo per respingere un attacco che ponga una minaccia”.

Sembra poco, considerando che dal 2014 contingenti giapponesi partecipano a esercitazioni congiunte con gli Stati Uniti, Australia e India e che la marina e l’aeronautica nipponiche partecipano a operazioni anti-pirateria al largo del Corno d’Africa. E considerando che Tokyo, con una popolazione di circa 200 milioni, ha una forza militare professionale di 150.000 uomini – il doppio o triplo di un Paese europeo -, una sostanziosa e moderna marina che comprende anche una portaerei/portaelicotteri, e un moderno sistema antimissile che ha dovuto sviluppare per contrastare la minaccia balistica nucleare della Corea del Nord.

Gli osservatori notano come lo scenario dopo 70 anni sia cambiata radicalmente: finita la Guerra Fredda, Tokyo si trova ora ad affrontare, come molti altri paesi dell’Estremo Oriente, la rivalità territoriale, la crescente potenza militare e l’aggressività della Cina, con la quale ci sono dispute aperte, come sulle isole Senkaku, rivendicate da entrambi i Paesi. Ma per gran parte di un Paese profondamente pacifista, che ha sofferto sulla propria pelle le conseguenze del suo passato militarista e imperialista, con i milioni di morti, l’umiliante sconfitta, la distruzione e la ferita dolorosissima delle due bombe nucleari, questa ha l’aria di una “svolta militarista”: un cambio di mentalità e un potenziale, pericoloso coinvolgimento in conflitti dal quale il Paese resterebbe volentieri fuori. Una strada accidentata di cui si perde la visuale.

Ieri, in una giornata nuvolosa e umida, circa 120.000 persone (30.000 secondo la polizia), richiamate da varie organizzazioni pacifiste, si sono date convegno da tutto il Giappone nella piazza davanti alla Dieta, il parlamento di Tokyo. il momento culminante di una settimana di proteste in tutto il Paese.

“Sono venuta per fermare la legge”, dichiara la 52enne Hiroe Aoki, disegnatrice di libri per bambini. “Vorrei contribuire a preservare una società dove i bambini possano serenamente inseguire i loro sogni”, aggiunge Hiroe, citata dal quotidiano Asahi Shimbun. Ieri, fra le tante iniziative, alcune centinaia di madri si sono incontrate all’università di Kyoto per ascoltare il politologo Shinichi Yanamuro, secondo il quale il Giappone non ha bisogno di affidarsi al diritto alla “difesa collettiva” per contrastare le rivendicazioni cinesi.

La fondatrice del gruppo, Minako Saigo, 28 anni, dice: “Vogliamo armarci di conoscenza della legge e della storia per rispondere a chi ci accusa di opporci alla legge per motivi sentimentali”. Un tabù spezzato, che ora genera apprensione e sospetti, come in chi teme che le attività sempre più allargate dell’Sdf prima o poi imporranno di reintrodurre la leva obbligatoria.

(di Fabio Govoni/ANSA)

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