Sacks ai giovani, non fatevi ingabbiare dalle paure

Sacks ai giovani, non fatevi ingabbiare dalle paure
Sacks ai giovani, non fatevi ingabbiare dalle paure
Sacks ai giovani, non fatevi ingabbiare dalle paure

MILANO – Il suo testamento su Twitter, sei giorni fa, è il video di un flashmob dell’Inno alla Gioia. “Un bellissimo modo di suonare uno dei tesori musicali di sempre” aveva scritto nel suo ultimo micromessaggio il famoso neurologo e scrittore britannico Oliver Sacks morto a New York all’età di 82 anni. Sacks, come lui stesso aveva annunciato a febbraio sul New York Times, era malato di un cancro arrivato alla fase terminale.

”Siate sempre intellettualmente liberi, spontanei, creativi, non fatevi ingabbiare dalle paure, dalla scuola, da ogni cosa che minacci la vostra liberta’ di pensiero”: si era rivolto così ai giovani che stipavano l’aula del Seminario vescovile di Bergamo Alta, Oliver Sacks, durante una sua visita in Italia nel 2005. Sacks allora aveva 72 anni ed era professore di Neurologia clinica presso l’Albert Einstein College of Medicine e di Neurologia alla New York University School of Medicine.

Fu invitato dagli organizzatori di ‘BergamoScienza’ a parlare di ‘Cervello e Creatività’. Visto l’appello ai giovani, qualcuno gli chiese di precisare il suo pensiero sula scuola, non molto dissimile da quello di altri grandi, da Einstein a Steve Jobs. La scuola, fu la risposta di Sacks, ”puo’ essere estremamente stimolante o al contrario inibitoria”. La sua esperienza personale ”conta poco – disse – perche’ ho sempre cercato di seguire le mie idee, quasi come un autodidatta”. Ma cio’ che conta, nella scuola ”dipende soprattutto da un incontro con un’altra persona, il docente, che puo’ essere estremamente positivo quando ti trasmette la sua voglia di sapere; oppure da un incontro, viceversa, negativo con qualcuno che possa sopprimere quel che di creativo c’e’ in te. Questo incontro resta il punto decisivo, il piu’ importante”.

Liberta’ assoluta ai giovani, quindi? ”No. L’importante e’ capire – rispose il neurologo-scrittore, cultore di botanica e formidabile nuotatore quasi fino alla fine dei suoi giorni – che esiste uno stato di equilibrio fra struttura e liberta’. Ed e’ questo stato di equilibrio, molto delicato, che va mantenuto perche’ la scuola abbia risultati buoni: non deve esserci ne’ troppa struttura ne’ troppa liberta’. Sennò, si cade rispettivamente o nell’ inibizione o nel caos”.

Ma per essere creativi bisogna per forza essere ribelli? Si puo’, per questo, anche essere considerati malati, folli? ”La malattia – rispose Sacks – e’, in senso fisico, deviazione dalla normalita’. Ma tutto cio’ che e’ nuovo, rivoluzionario, puo’ essere visto all’inizio come folle. E per dire o fare qualcosa di rivoluzionario, ci vuole uno che non abbia inibizioni sociali. Detto questo, la creativita’ non e’ certo una forma di pazzia. Anzi, e’ salute piena”.

E poi, dopo una breve riflessione, quasi a voler correggere il proprio pensiero, aveva aggiunto: ”Non si deve essere ne’ normali ne’ matti. Bisogna semplicemente cercare di essere delle persone, e non c’e’ un modo unico di esserlo”.

Poi Sacks parlò del ruolo della musica che ha affrontato nel suo libro Musicophilia: ”Sono i miei pazienti che hanno un rapporto particolare con la musica. Una volta ho avuto come paziente un’ex insegnante di musica, descritta in Risvegli, che diceva di essere stata ‘demusicalizzata’ dal morbo di Parkinson, ma che poteva essere ‘rimusicalizzata’. Sempre in Risvegli, c’erano alcuni pazienti che erano capaci di cantare ma non di parlare. La cosa importante e’ il ritmo. Molti di questi malati e’ col ritmo che riescono a comunicare.

Ad esempio, per la malattia di Alzheimer, la parte rilevante della musica sembra essere quella emotiva, e la memoria musicale sembra essere piu’ forte di qualunque altro tipo di memoria”. Infine, una riflessione sulla scrittura: “é una esigenza psicologica e neurologica insieme. Mi serve per dare consistenza al mio pensiero. Non importa che poi qualcuno mi legga. Non riesco a consolidare il mio pensiero finche’ non lo metto per iscritto”.

(di Francesco Brancati/ANSA)

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