La battaglia del Senato. Renzi, nessuna modifica all’Italicum

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ROMA. – Il premier Renzi chiude all’ipotesi di una modifica dell’Italicum per recuperare i voti di Fi sulle riforme costituzionali, e – ribadendo di avere i numeri a Palazzo Madama – afferma di attendersi una discussione “tranquilla” sui “punti fondamentali” del testo. Renzi, come aveva affermato domenica nella intervista al Corriere della Sera, sembra puntare più ad un accordo politico, intesa sollecitata anche dal presidente del Senato Pietro Grasso per superare le difficoltà procedurali, intesa a cui sta lavorando la presidente della Commissione Affari costituzionali, e relatrice, Anna Finocchiaro con una proposta ben precisa.

Nelle scorse settimane Fi aveva insistito sulla modifica dell’Italicum, con l’attribuzione del premio di maggioranza alla coalizione anziché al partito vincente, come condizione per sostenere in Senato le riforme costituzionali. “No – ha tagliato corto Renzi – hanno l’idea della politica come un Monopoli, e’ insopportabile quest’idea. La legge elettorale l’abbiamo fatta con FI, l’hanno votata anche loro”. Parole che hanno provocato l’ira di Renato Brunetta, secondo il quale Renzi non avrà i voti in Senato e “non mangerà il Panettone”. Il senatore di Fi Marco Marin ha usato però toni diversi, invitando il governo al confronto: “La politica non e’ un Monopoli, ma nemmeno un Risiko. Decidere di andare avanti come carri armati non e’ l’idea della politica che abbiamo in mente noi”.

Insomma si chiede che entri in campo la politica, come d’altra parte auspica anche il presidente del Senato Pietro Grasso, a proposito della ammissibilità o meno degli emendamenti sull’articolo 2 del ddl Boschi, quello sulle modalità di elezioni del futuro Senato (da parte dei Consigli regionali o da parte degli elettori). Su questo Grasso ha detto che si pronuncerà solo quando il testo giungerà in Aula, lasciando la decisione sull’ammissibilità in Commissione alla sua presidente Anna Finocchiaro. Ma Grasso ha insistito: serve un “accordo politico” specie dinnanzi ai 500mila emendamenti della Lega in Commissione, che rischiano di costringere a bypassare la discussione in quella sede per portarla direttamente in Aula.

Il ragionamento era stato già fatto da Finocchiaro lo scorso 5 agosto nella replica alla fine della discussione generale. Gli emendamenti che ripropongono il Senato a elezione diretta sono ammissibili, ma con essi “si tratterebbe, in sostanza, di tornare indietro e ricominciare da capo”, il che farebbe naufragare definitivamente la riforma. Si vuole questo? Una domanda rivolta soprattutto alla minoranza del Pd, alla quale la Finocchiaro, anche nei contatti di questi giorni, ha ricordato che il Senato eletto dai Consigli regionali era previsto della Bozza Violante o dalla tesi numero 4 dell’Ulivo.

Il “lodo” proposto da Finocchiaro consisterebbe allora nel mantenere l’attuale articolo 2, e prevedere in un altro articolo che i cittadini al momento delle elezioni regionali scelgano in appositi listini i consiglieri-senatori. In più il ddl Boschi andrebbe ritoccato sia nelle funzioni del futuro Senato (nel recepimento delle normative Ue e nel processo in ascesa), sia riportando in capo al Senato l’elezione di due giudici Costituzionali (la Camera aveva previsto un meccanismo come quello attuale), a cui andrebbe aggiunta una norma che modificherebbe le regole sull’elezione del Capo dello Stato. L’appuntamento sarà l’8 settembre, quando la Commissione inizierà l’esame degli emendamenti.

(di Giovanni Innamorati/ANSA)