Migranti: Caritas, blasfemo il “prima i nostri”

Il direttore di Caritas Ambrosiana, don Roberto Davanzo
Il direttore di Caritas Ambrosiana, don Roberto Davanzo
Il direttore di Caritas Ambrosiana, don Roberto Davanzo

MILANO. – “Come possiamo salvare i migranti dal mare e permettergli di diventare il prima possibile una risorsa per la nostra economia e la nostra società?”. E’ con questa domanda che il direttore di Caritas Ambrosiana, don Roberto Davanzo, ha aperto l’incontro che si è tenuto a Expo, nella piazzetta antistante l’Edicola Caritas dal titolo ‘Dopo Expo vorrei’. Questa per la Caritas “è la domanda” chiave, quella che interroga governi ed esseri umani sulle prospettive. E secondo don Davanzo “un altro modo di gestire il fenomeno migratorio è possibile, garantendo la dignità dei profughi, offrendo loro percorsi di integrazione e un futuro migliore del loro passato, e dando agli italiani che li accolgono un clima di adeguata sicurezza”.

In questo senso, per Davanzo, Milano “ha elaborato un modello di sana amministrazione con le istituzioni”, in particolare per quanto riguarda il transito dei siriani, “che sono rimasti per pochi giorni senza impatti sulla città, tanto è stata saggia e oculata la gestione del fenomeno”. “Ci auguriamo che Expo, un evento che non è lontano dal mondo della migrazione – ha aggiunto – dia vita a iniziative economiche, politiche e finanziarie che permettano di superare i problemi che innescano il flusso migratorio”.

Nel frattempo, però, è necessario “accelerare i tempi di risposta per le domande di asilo e permettere a chi è in attesa di lavorare o imparare un mestiere”, ha proseguito Davanzo, in accordo con le recenti dichiarazioni del cardinale Scola. “La retorica dell”aiutare prima gli italiani’ è blasfema – ha poi aggiunto -. I dati della Caritas confermano che quando si tratta di aiutare qualcuno non badiamo alla carta d’identità. Senza contare che dei cristiani che ogni giorno dicono il Padre Nostro dovrebbero riconoscere che non esistono barriere che ci permettono di distinguere tra cittadini di serie A e cittadini di serie B”.

Davanzo ha rifiutato anche la distinzione “pericolosa” tra profughi e migranti economici e ha definito il fenomeno migratorio “il primo vero test che l’Europa si trova ad affrontare”, che “non è a costo zero, perché chiede a tutti di ripensare se stessi e anche il concetto di sovranità nazionale”. Non ha risparmiato critiche contro le recenti dichiarazioni del premier ungherese Viktor Orban: “E’ paradossale e umiliante usare la retorica dell’identità cristiana come un’arma da brandire contro chi è diverso da noi”. “Questi temi – ha concluso – devono essere affrontati insieme, senza divisioni ideologiche, come di fronte a una catastrofe. Bisogna avere il coraggio di dire ‘ora siamo allineati nell’aiuto, litigheremo dopo’.Se l’immagine del piccolo Aylan, simbolo di una tragedia epocale, riesce a produrre un pensiero unitario a livello europeo, capace di andare oltre la logica delle frontiere, allora tutte queste morti non saranno invano”.

(di Ilaria Liberatore/ANSA)

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