La Caritas striglia il Governo, fatto poco contro la povertà

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ROMA. – “Il poco non è meglio del niente”: in questo motto si riassume l’atteggiamento di Caritas Italiana verso le politiche attuate dal Governo di Matteo Renzi in materia di lotta all’indigenza. Nel suo secondo Rapporto sulle politiche contro la povertà in Italia, presentato a Roma, l’organismo pastorale della Cei giudica con severità l’operato dell’esecutivo, che pur avendo introdotto qualche “avanzamento marginale” nel sostegno al reddito, non si è finora “discostato in misura sostanziale dai suoi predecessori” e ha confermato la “tradizionale disattenzione della politica italiana nei confronti delle fasce più deboli”.

Se è vero, dati Istat alla mano, che la povertà assoluta ha smesso di crescere stabilizzandosi intorno al 7% della popolazione, confrontando il 2014 con il 2007, cioè con il periodo pre-crisi, il numero dei poveri in senso assoluto è salito da 1,8 milioni a 4,1 milioni, più che raddoppiato.
L’Italia, sottolinea Caritas, è l’unico paese europeo, insieme alla Grecia, privo di una misura nazionale contro la povertà. L’attuale sistema di interventi pubblici risulta del tutto inadeguato (i fondi nazionali sono passati da 3.169 milioni del 2008 a 1.233 milioni del 2015) e frantumato in una miriade di prestazioni non coordinate, la gran parte dei finanziamenti pubblici disponibili è dedicata a prestazioni monetarie nazionali mentre i servizi alla persona, di titolarità dei Comuni, sono sottofinanziati.

Infine, la distribuzione della spesa pubblica è decisamente sfavorevole ai poveri: l’Italia ha una percentuale di stanziamenti dedicati alla lotta alla povertà inferiore alla media dei paesi dell’area euro. Gli interventi decisi dal governo Renzi – bonus di 80 euro, bonus bebè, bonus per le famiglie numerose, Asdi – secondo il rapporto si traduce in un complessivo incremento medio di reddito pari al 5,7%, risultato migliore rispetto ai precedenti Governi. Si tratta, però, di un avanzamento marginale e pertanto la valutazione d’insieme è che in materia di sostegno al reddito l’attuale esecutivo non si è discostato in misura sostanziale dai suoi predecessori e ha confermato la tradizionale disattenzione della politica italiana nei confronti delle fasce più deboli. Anche le misure annunciate, come l’abolizione della Tasi o la riduzione dell’Irpef, incideranno poco o nulla su questi nuclei che per lo più sono incapienti.

Pronta la reazione dell’esecutivo, che con il ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, assicura che il Governo è “consapevole dell’urgenza di intervenire nel contrasto alla povertà” e che nella prossima legge di stabilità si cercherà di “avviare interventi seri, strutturali e sostenibili che possano segnare un cambio di passo”. Potrebbe trattarsi del Sia, il sostegno all’inclusione attiva (Sia), attualmente in fase sperimentale in 11 città e che il Governo sembra intenzionato, secondo quanto riferito dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Claudio De Vincenti, a “irrobustire” allargandolo ad altre realtà territoriali e dotandolo di maggiori risorse.

Sia Poletti che De Vincenti si impegnano poi a un confronto con l’Alleanza contro la povertà, rete di organizzazioni e associazioni di cui Caritas è capofila, sulle misure di sostegno al reddito e sul percorso che porterà all’elaborazione di un ‘Piano nazionale di contrasto all’esclusione sociale’.
Una piccola nota di merito è riservata, nel Rapporto della Caritas, al Movimento 5 Stelle, che dall’opposizione ha “riportato l’attenzione” su questo tema attraverso la proposta del reddito di cittadinanza. Proposta alla quale però, precisa subito il direttore di Caritas Italiana don Francesco Soddu, è da preferire quella del reddito minimo, e in particolare il Reis (reddito minimo di inserimento) proposto proprio dall’Alleanza, che è “una misura stabile, incrementale, sostenibile e sussidiaria”.

(Angela Abbrescia/Ansa)

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