Nobel per l’Economia allo scozzese Deaton, pioniere della scienza dei consumi

Nobel ad Angus Deaton

ROMA. – Analisi delle dinamiche dei consumi, ma anche un metodo per misurare la povertà oppure teorie sulla percezione della felicità in base ai livelli di reddito, per arrivare all’ultima tesi – per alcuni provocatoria – secondo cui le diseguaglianze sono necessarie alla crescita e allo sviluppo.

Ha ben poco di schematico il percorso di lavoro di Angus Deaton, insignito del prestigioso premio Nobel per l’Economia. La Reale Accademia svedese delle Scienze ha riconosciuto all’economista scozzese, nato ad Edimburgo nel 1945 e attualmente professore all’Università di Princeton, l’importanza delle sue “analisi sui consumi, sulla povertà e sul welfare” come contributo fondamentale alla teoria del consumo e del risparmio e per la misura del benessere economico.

In estrema sintesi, la svolta di Deaton è il cambiamento di ottica per cui l’analisi dello sviluppo non si basa più sul parametro del reddito ma sulla dinamica dei consumi.

“Ero un pò assonnato…sono contento” si è limitato a dire il settantenne professore scozzese ai giornalisti che lo hanno chiamato al telefono per un commento. E quasi a voler sminuire il suo ruolo in un evento simile ha spiegato che “come molti economisti so che c’era una possibilità e sono contento di apprenderlo”.

Ma Deaton ha un suo circolo di fan: “Angus Deaton è l’Obi-Wan Kenobi dell’economia” ha twittato Amitabh Chandra dell’Università di Harvard, paragonando Angus al maestro Jedi della saga di Guerre Stellari. Uno dei suoi contributi recenti, ma anche controversi, è la formulazione del “Paradosso di Deaton”, nello studio intitolato “La grande fuga: salute, benessere e le origini dell’ineguaglianza”.

Parafrasando il celebre film di John Sturges, Deaton compie una originale incursione nelle scienze sociali per indagare su quanto crescita e sviluppo siano in relazione al grado di disuguaglianza, mentre politiche redistributive possono frenare “la fuga” dalla povertà in base al fatto che “in linea di principio” il divario economico rappresenta il motore alla crescita.

Per capire meglio il personaggio, vale la pena ricordare che sotto la lente di Deaton è finito anche l’adagio ‘i soldi non fanno la felicità’. In uno studio firmato da un altro premio Nobel all’economia, Daniel Kahneman, ha analizzato i risultati del sondaggio “Well being index” realizzato su 450.000 americani nel periodo 2008-2009 e ne ha dedotto che se la felicità cresce di pari passo al reddito, c’è però una soglia di “benessere medio” a quota 75.000 dollari oltre la quale la qualità di vita non viene percepita migliore.

La conclusione è che “dare alla gente più soldi oltre i 75.000 dollari non migliora di molto il loro umore quotidiano, ma dà comunque la sensazione di avere successo nella vita”.

Per la Reale Accademia Deaton “ha sviluppato una profonda comprensione dei modelli di consumo e di come la gente adatti i consumi al proprio reddito” si legge nella motivazione”. E ancora, “per tracciare politiche economiche capaci di promuovere welfare e ridurre la povertà dobbiamo per prima cosa comprendere le scelte di consumo individuali e più di tutti Angus Deaton ha rafforzato questa comprensione. La sua ricerca, collegando scelte individuali e risultati aggregati, ha aiutato a trasformare i campi di microeconomia, macroeconomia e sviluppi economici”.

Ma il punto più rilevante è che le sue tesi sono “applicabili praticamente” spiega Mats Person, uno dei membri del comitato del Nobel, perché gli studi di Deaton sul sistema della domanda fanno capire l’impatto di misure politiche sui consumatori: “se ad esempio un governo modifica l’Iva sui generi alimentari, è possibile grazie agli studi di Deaton vedere quale sarà la ricaduta sui consumi e che impatto avrà sul cibo e altri beni”.

Insomma, con la scelta di Deaton, l’Accademia persegue quell’orientamento pragmatico diventato ineludibile dopo lo choc dell’ultima lunga crisi, che vuole avvicinare teorie economiche e il “fare” della politica.

Così, dopo i Nobel assegnati a Milton Friedman, James Tobin, Paul Krugman e Friderich August, l’anno scorso è stato premiato il semisconosciuto professore francese Jean Tirole per il suo lavoro su come i governi possono regolamentare i grandi potentati dell’industria, da quella finanziaria a quella del petrolio e delle telecomunicazioni.

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