Le opposizioni mirano al referendum. Le tappe per l’approvazione definitiva

Senatori M5S escono (con scheda in mano) dall'aula del Senato dprima del voto finale al decreto sulle riforme costituzionali, Roma 13 Ottobre 2015, ANSA/GIUSEPPE LAMI
Senatori M5S escono (con scheda in mano) dall'aula del Senato dprima del voto finale al decreto sulle riforme costituzionali, Roma 13 Ottobre 2015, ANSA/GIUSEPPE LAMI
Senatori M5S escono (con scheda in mano) dall’aula del Senato dprima del voto finale al decreto sulle riforme costituzionali, Roma 13 Ottobre 2015, ANSA/GIUSEPPE LAMI

ROMA. – La riforma del Senato supera il vaglio determinante di palazzo Madama ma il suo percorso vedrà il traguardo finale solo tra un anno. Il ddl Boschi deve infatti affrontare ancora il passaggio delle due Camere che dovranno rivotare il testo e poi essere sottoposto ad un referendum popolare che, ha confermato Matteo Renzi, “si terrà nell’autunno 2016”.

Una consultazione sulla quale le opposizioni già minacciano battaglia pregustando la possibilità di un responso negativo, come avvenuto nel giugno del 2006 quando gli italiani bocciarono la ‘Devolution’ di Bossi e Berlusconi.

“Lavoreremo da subito alla costituzione dei comitati per il ‘No'” annuncia infatti il leader di Sel Nichi Vendola dando il via alla mobilitazione che, assicura Arturo Scotto, “li travolgerà”. Una prospettiva che non sembra preoccupare la madrina della riforma Maria Elena Boschi: “il sì avrà una maggioranza solida e molto forte alle spalle”.

Il governo comunque vuole fare in fretta anche se molto difficilmente riuscirà ad accorpare il voto per la riforma con quello per le amministrative a giugno. Dopo l’ok del Senato il testo della riforma deve infatti passare la Camera dove la maggioranza, ormai ricompattata, dovrebbe semplicemente confermarlo senza modifiche. Il passaggio dovrebbe avvenire a Natale.

A quel punto, prevede la Costituzione, sarà nuovamente sottoposto al Senato e alla Camera per una seconda e definitiva approvazione per la quale non sono previsti emendamenti, ma solo un sì o un no agli articoli ma a maggioranza assoluta. Passaggi che dovrebbero concludersi in primavera per poi essere sottoposti al referendum confermativo dopo il quale, se arriverà il via libera dei cittadini, la riforma entrerà in vigore.

Una traiettoria che vede di traverso le opposizioni. Forza Italia voterà No anche se qualcuno, dentro il partito, guarda con favore la possibilità di trattare una possibile revisione dell’Italicum. Contro la riforma sono anche i fittiani di Ala, i popolari di Ap, Fdi, anche se alcuni guardano al passaggio referendario come un possibile cemento per ricompattare il centrodestra.

“Voglio vedere davvero come si mescolerà quell’insalata del no che va dall’estrema destra all’estrema sinistra” commenta però Angelino Alfano. I Cinque Stelle voteranno anche loro No ma escludono di fare fronte comune con Sel. “Stiamo unicamente valutando la nostra partecipazione al Coordinamento per la democrazia costituzionale” dice il deputato Danilo Toninelli.

Luigi Di Maio arriva ad auspicare che si segua l’esempio inglese dove sul referendum sull’Ue “è stato imposto al governo di non fare campagna elettorale”. Una speranza smentita dalle intenzioni di Renzi che all’ultima direzione del Pd ha promesso: “Noi ci mettiamo la faccia e andremo comune per comune a chiedere il voto ai cittadini per il referendum: vogliamo vedere chi presiederà i comitati dei no”.

(di Francesca Chiri/Ansa)